Cosa succede in caso di ritardi nel pagamento degli affitti durante il lockdown

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Numerose attività commerciali hanno subito un grosso contraccolpo economico a causa della crisi che si è accompagnata alla pandemia. In particolare, ciò che ha fatto precipitare la situazione è stata la misura estrema del lockdown, che ha costretto molte attività commerciali a chiudere. Quindi, si ci è chiesti come trattare i casi di ritardo nel pagamento degli affitti, per gli inquilini schiacciati dal peso della crisi economica. Ebbene, talune pronunce, intervenendo in soccorso dei malcapitati, hanno stabilito che chi ha ritardato nel pagamento del canone d’affitto durante il lockdown, non può essere sfrattato. Dette ipotesi, infatti, sono state catalogate come fattispecie di impossibilità temporanea assoluta. Ciò in quanto rileva la difficoltà di chi non è riuscito a lavorare a causa della chiusura obbligatoria delle attività.

Ordinanza del Tribunale di Venezia

Quindi, alla domanda: “cosa succede in caso di ritardi nel pagamento degli affitti durante il lockdown?”, ha dato risposta la giurisprudenza. In particolare, sull’argomento, è intervenuto il Tribunale di Venezia. Secondo i giudici del medesimo, si deve ritenere giustificato il mancato versamento dei canoni da parte dell’inquilino di un locale commerciale durante il lockdown. Ciò in ragione del fatto che egli non ha potuto esercitare l’attività in quanto costretto a rispettare le misure di contenimento imposte dal Governo. Per tali ragioni, non solo non è possibile eseguire lo sfratto ma è anche opportuno che le parti raggiungano un accordo sulla riduzione del canone. Il tutto, almeno relativamente al periodo in questione. Ciò non significa, però, che l’inquilino non debba pagare alcunchè.

Cosa si era detto dei ritardi durante l’emergenza sanitaria

All’uopo, cioè con riguardo al “cosa succede in caso di ritardi nel pagamento degli affitti durante il lockdown”, aveva proferito già il Governo. Infatti, in piena emergenza sanitaria, aveva deciso di bloccare l’esecuzione degli sfratti (ma non la loro convalida) fino al 31 dicembre 2020. Finora, però, i giudici tendono a respingere la domanda di convalida dello sfratto, quando la motivazione è legata alla morosità durante il lockdown. Tuttavia, ciò che, comunque, non viene concessa è la riduzione dei canoni, una volta ripresa l’attività. Ad opinare in tal senso, come indicato, era stato già, prima della giurisprudenza, il Decreto Cura Italia. In conclusione, si sono stabilite delle tutele per ridimensionare il carico degli inquilini debitori ma non sussiste una norma che consenta l’azzeramento totale del debito.

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