Cosa succede in caso di mancato versamento del TFR?

TFR

Il TFR è trattamento di fine rapporto è una somma spettante al lavoratore dipendente, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro. Essa è quantificabile nel 6,91% della retribuzione annua e dalle relative rivalutazioni, per ciascun anno di servizio o frazione di anno. Detto accantonamento viene fatto dal datore di lavoro. Pertanto, sorge il dubbio su cosa succede in caso di mancato versamento del TFR da parte di questi.

Ebbene, in caso di omesso o parziale versamento, il lavoratore potrà rivolgersi al Fondo di Garanzia, istituito proprio allo scopo di tener forte a dette evenienze. Se, invece, il datore di lavoro fallisce e il TFR era stato accantonato ma non versato al fondo di previdenza, allora, il lavoratore dovrà far valere la sua pretesa mediante l’immissione al passivo nella procedura fallimentare.

Inoltre, nell’ipotesi di mancato versamento del TFR, in caso di cessione dell’azienda, il lavoratore non può accedere al fondo di garanzia. Ciò in quanto, tecnicamente, il rapporto di lavoro non cessa ma continua in capo al cessionario dell’azienda.

Pagamento delle differenze retributive

A questo punto, rimane da rispondere alla domanda: “cosa succede in caso di mancato versamento del TFR?”. Questa volta, proviamo a guardare la questione dal punto di vista del datore di lavoro e delle conseguenze che si registrano nei suoi confronti se non ottempera a detto obbligo di legge. Ebbene, se non si verificano ipotesi di insolvenza come quelle in precedenza prospettate, il lavoratore può chiamare in causa il datore per il pagamento del dovuto. Senonché, questi sarà tenuto al pagamento delle differenze retributive maturate e del TFR. Non dovrà provvedere alla regolarizzazione contributiva, allorquando l’ente previdenziale non sia chiamato in causa. Ciò in quanto, anche se il rapporto previdenziale si instaura tra 3 parti, ossia datore, lavoratore e fondo, purtuttavia, gli effetti della sentenza si producono tra le parti costituite. È quanto sostenuto dalla Corte di Appello Ancona, con sentenza Sez. Lav., n.431 del 2018.

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