Cosa non si può pagare in contanti?

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In un periodo in cui si percepisce che il Fisco sarà agguerrito a stanare ogni possibile forma di evasione (reale o presunta), diventa cruciale capire cosa fare col contante. A questo poi si aggiunga il fatto che serpeggia nella società un certo e diffuso pregiudizio sul cash in quanto tale e sul suo impiego. Ora, al netto dei casi limite e fuori dagli schemi di legge (lavoro nero, riciclaggio, attività illecite e/o criminose comunque), cosa non si può pagare in contanti? E senza violare la legge? È la domanda clou che il cittadino si pone anche in virtù dei continui cambi di legge e disposizioni che puntualmente giungono dal legislatore. Ovviamente qui si considerano solo i casi in cui non si è in malafede e/o nel torto del codice.

Acquisti da non fare usando contanti

Eventuali contanti posseduti e non dichiarati, in linea di massima si considerano “compatibili” quando eccedono di poco gli importi comunicati sulla dichiarazione dei redditi. Fanno invece scattare il controlli dell’Agenzia delle Entrate tutte le compere che superano del 20% il reddito dichiarato. Quindi, a fare degli esempi concreti, sono da evitare tutti gli acquisti di lusso (una pelliccia, l’auto, i gioielli costosi, etc) o quelli per i quali è previsto il rilascio del codice fiscale. In questo 2° caso la lista è molto più vasta e “vicina” della precedente, perché riguardano spese che a pelle consideriamo come più comuni. Le spese mediche sono la prima voce di spesa da accennare, in quanto spesso fatte in contanti.

Eppure per esse sussistono detrazioni fiscali nell’ordine del 19% (ma solo se fatturate). Discorso diverso per medicine, dispositivi medici e medicinali da banco, che si possono comperare in contanti. Ma andando avanti troviamo tutte le spese fatturate (a differenza di quelle nate da uno scontrino, che è anonimo), polizze assicurative, contratti d’affitto, viaggi, etc. Oppure i comuni e classici lavori di ristrutturazione casa (materiali e/o maestranze), a favore dei quali sussistono peraltro tutta una serie di detrazioni fiscali (solo se documentate). In tutti questi casi si tratta infatti di operazioni che vengono comunicate all’Agenzia delle Entrate.

Versamenti e prelievi di contanti sul conto corrente

Ovviamente questo è il “divieto” principe per eccellenza: il versamento diretto in c/c di soldi di cui non se ne può dimostrare la provenienza, anche a distanza di anni. Si pensi al classico caso del figlio che ha ricevuto negli anni tot donazioni da parte di genitori e/o parenti. Alle quali ha cumulato dei propri risparmi frutto di lavoretti saltuari ma ad esempio fatti a nero. Si ritrova così ad esempio €6.000 e medita di depositarli allo sportello, anche per stare più tranquillo e non tenerli in casa. Che fare? Ora, la legge in linea di principio prevede una specie di “presunzione” a favore del controllore, l’Agenzia delle Entrate.

Che vuol dire? Cosa non si può pagare in contanti?

Vuol dire che non è quest’ultima a dover dimostrare l’esistenza dell’evasione fiscale se quel denaro non è indicato nella dichiarazione. A chi spetta tale onere allora? A chi versa, semplice, mediante un documento certo che ne dimostri la fonte e che sia dotato pure di data certa.

E se una simile “pezza giustificativa” non dovesse sussistere? Sarà meglio mantenerli cash o usare una cassetta di sicurezza se proprio non si vogliono correre rischi di furti e/o simili.

Direttamente collegati ai versamenti abbiamo anche i prelievi, che in linea di principio sono molto più liberi rispetto ai depositi. Qui da quando in poi scattano i controlli? Qualora il nostro plafond di prelievi in un mese abbia superato i diecimila euro, la nostra banca può fare segnalazione all’Uif (Unità d’Informazione Finanziaria). La quale, nei casi in cui lo reputasse opportuno (contrabbando, crimine, riciclaggio), farebbe comunicazione alla Procura delle Repubblica

Prestiti, donazioni e pagamenti superiori al tetto di legge sul contante

Chiudendo la lista di cosa non si può pagare in contanti, rammendiamo che non si possono fare prestiti, donazioni (neanche tra familiari conviventi) e pagamenti dai 2mila euro (inclusi) in su. Questo in virtù dei c.d. tetti all’uso del contante che ogni tot tempo aggiorna il legislatore all’interno della legge antiriciclaggio. Ora, sulla base dell’ultimo aggiornamento, il tetto massimo di uso del contante sarà, fino al 31 dicembre del 2021, pari a €1.999,99. E se si viola? Non conviene: ci aspettano multe tra i 2-50mila euro, in rapporto all’importo trasferito (https://archivio.proiezionidiborsa.it/contante-addio-le-carte-di-credito-avanzano/).

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