Coronavirus: che ne è dello stato di diritto in Italia?

coronavirus

Il Covid-19 ha posto soprattutto due ordini di problemi: medici ed economici.

Tuttavia esiste anche un terzo ordine di questioni, che non possiamo sottovalutare, per le loro implicazioni sotto molteplici profili.

Si tratta di capire se taluni fondamentali diritti del cittadino, in questo periodo siano ancora rispettati o meno.

Coronavirus: che ne è dello stato di diritto in Italia?

Possiamo leggere una definizione dello stato di diritto qui

Lo stato di diritto è dunque quello stato che rispetta alcuni fondamentali diritti dei cittadini.

Come dicevo, attorno a questo tipo di problematica, cogliamo diversi aspetti, che in questo periodo tornano di attualità.

Pertanto, per dare maggior ordine alle nostre riflessioni, ecco una piccola scaletta degli argomenti trattati:

  • Stato di diritto e democrazia
  • Cicli economici e cicli politici
  • Che ne è dello stato di diritto in Italia?

Stato di diritto e democrazia.

Confondere lo stato di diritto con la democrazia sarebbe un errore.

Nonostante il concetto di fondo di potere del popolo, in base all’etimologia greca del termine democrazia, questa parola è stata utilizzata con significati anche molto diversi in vari contesti storici e politici, ad indicare sistemi politici nettamente differenziati.

Il termine si ritrova nella nostra costituzione, che parla dell’Italia come di una repubblica democratica, ma ricordiamoci che ad esempio anche la DDR, quella che fu la Germania dell’Est, appartenente al Patto di Varsavia, si definiva già nel nome repubblica democratica tedesca.

Nonostante il regime comunista dell’epoca di democratico avesse poco o nulla

Soprattutto nel rapporto tra stato e cittadini pare quindi più pregnante e precisa l’espressione stato di diritto.

Ed è infatti soprattutto considerando come uno stato rispetti, o meno, alcuni fondamentali diritti dei propri cittadini, o li calpesti, che possiamo effettivamente comprendere quanto effettivamente un regime sia autenticamente democratico, o meno.

La questione è tutt’altro che teorica, visto che il livello di rispetto di tali diritti indica anche quale grado di soddisfazione delle proprie esigenze, anche economiche, l’individuo riceva in un determinato sistema e contesto storico, economico e politico.

Da questo punto di vista, è interessante notare come certi cicli economici e finanziari si accompagnino anche a periodi alternati di maggior rispetto o, viceversa, limitazione e mancato rispetto di alcuni diritti.

Cicli economici e cicli politici

Ho rinvenuto la possibilità di associare l’alternarsi di questi cicli con un particolare indicatore algoritmico: la forza relativa, applicata in particolare all’indice S & P 500, quale principale indice rappresentativo delle borse.

Quando la forza relativa di questo indice, rispetto all’oro, diventa negativa rispetto alla propria media mobile a 60 mesi, non solo ovviamente abbiamo una assetclass ideale che favorisce l’oro rispetto alle borse, ma solitamente intervengono gravi fenomeni a livello economico, sociale e politico, edi diritti umani tendono ad essere gravemente limitati.

L’opposto si verifica in fasi in cui la forza relativa è superiore alla media mobile a 60 mesi.

Si tratta di un metodo per approssimare l’alternarsi delle diverse fasi di un ciclo di Kondratieff.

Un ciclo completo tende a estendersi anche per 70 anni e vede l’alternarsi di questa forza relativa in fasi di rialzo e di ribasso.

Recentemente siamo proprio entrati in una fase ribassista, ed ecco che infatti abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi questa situazione: pandemia, chiusura di attività economiche, pesanti restrizioni alle libertà di movimento.

L’aspetto innovativo di questa mia ricerca è proprio questo: nella storia non si alternano solo cicli economici, ma anche storici e politici e possiamo agevolmente capire le caratteristiche di ciò, cui andremo incontro, capendo in quale fase ci troviamo, anche grazie alla forza relativa.

In fondo, sono problematiche connesse anche agli aspetti economici

Alla persona non interessa solo capire come e dove investire, ma anche che tipo di vita può condurre, in base ai diritti che le vengono riconosciuti, o meno.

E quindi notiamo che anche tali aspetti, in fondo, cadono nel campo d’interesse dell’economia, intesa in senso lato, come organizzazione di tutto ciò che serve all’esistenza umana.

Certo, l’uomo vive grazie a beni e servizi, ma anche in base a quello che può o non può fare, ed anche da questo dipende lo stile di vita.

Forse, di questo aspetto è più facile accorgersi in fasi in cui quello che è normalmente riconosciuto, e che diamo per scontato, viene invece negato.

Pensiamo che in questo periodo, anche il solo fare una passeggiata poteva costituire un reato, in Italia, ed oggi comunque un illecito amministrativo.

Che ne è dello stato di diritto in Italia?

Non intendo affrontare la questione dello stato di diritto legata alle limitazioni imposte dal coronavirus.

La mia tesi è che lo stato di diritto stia venendo meno.

Ma sarebbe agevole l’obiezione che non si tratta di un fenomeno determinato da fattori politici, ma emergenziali. E quindi che anche uno stato di diritto deve prevedere la limitazione o soppressione di taluni fondamentali diritti, in vista di un bene superiore, riconducibile alla salute ed incolumità delle persone.

Ebbene no, non è questo che intendo affrontare.

La mia tesi riconduce a qualcosa di ben più grave.

Veniamo al dunque. Purtroppo in questo periodo, complice la situazione emergenziale, si stanno violando taluni fondamentali diritti, la cui violazione non appare per nulla giustificata dalla situazione.

A cosa mi riferisco?

Il mio j’accuse si riferisce alla violazione di un fondamentale principio.

Ad impossibilia nemo tenetur, cioè la legge non potrà mai considerare obbligatori obblighi e divieti, che per il destinatario delle norme siano impossibili da rispettare.

Purtroppo è quanto sta verificandosi in questo periodo

Mi riferisco all’obbligo di stare in casa.

Viene infatti spontanea una domanda, che evidentemente i poco attenti estensori delle normative non si sono posti: e se uno una casa non ce l’ha?

Un fenomeno delle società è quello di chi, a seguito di vicissitudini di cui non è colpevole, vive per strada.

Eppure in questo periodo stiamo assistendo al fenomeno di vigili urbani, o altri organi accertatori, che stanno sanzionando anche chi vive per strada, per violazione delle restrizioni imposte dalla normativa legata al Covid 19.

Evidentemente vigili urbani ed altri operatori, addetti all’accertamento delle infrazioni, certamente non fanno molta attenzione al portato effettivo delle norme che applicano. E non sanno, o fingono di non sapere, che esistono anche esimenti generali, cioè situazioni nelle quali determinati divieti ed obblighi non sono operativi. Ad esempio proprio in base al principio generale dell’ad impossibilia.

Probabilmente, diciamo, anche per quieto vivere.

Cioè probabilmente nessuno ha detto a questi organi accertatori come comportarsi in determinate situazioni. Ed ecco, quindi, che si stanno verificando episodi, per cui non si tiene alcun conto né della presenza di esimenti. Né, in particolare, del principio ad impossibilia e gli agenti accertatori non intendono correre il rischio di richiami per non aver applicato sempre e comunque in modo letterale la normativa.

Lo stato di diritto in Italia?

Come si nota, qualcosa di preoccupante, che va ben oltre il principio, riassunto nell’altro brocardo: necessitas non habetlegem.

Infatti sanzionare chi non ha una casa, per non essere rimasto in casa, non potrà comunque indurlo a stare in casa, perché impossibilitato.

Se proprio si vuol usare la mano forte, allora lo stato che ha emanato la normativa, deve anche mettere in condizione la persona sottoposta alla norma di adempiere a quanto prescritto.

Il fenomeno viene comunque considerato come grave. L’associazione Avvocato di strada sta lanciando una campagna proprio per ottenere che non si sanzionino coloro che una casa non ce l’hanno, per il fatto, appunto, di non stare in casa.

Mi auguro che questo rappresenti solo un errore, da parte di chi doveva approntare l’elaborazione delle norme necessarie ad affrontare l’emergenza, sotto il profilo sanzionatorio.

Come mi auguro che tale errore non sia il viatico di ulteriori violazioni del principio ad impossibilia.

Come quella che si verificherebbe prossimamente, se ad esempio per tracciare le persone si obbligasse ad avere uno smartphone.

Parimenti si porrebbe la domanda: e chi uno smartphone non ce l’ha?

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

Consigliati per te