Con il Covid non si chiama il medico a casa

Covid

A questa conclusione si è arrivati dopo un ricorso dei medici di famiglia del Lazio. I provvedimenti qui esaminati affermano chiaramente che con il sospetto di Covid non si chiama il medico di famiglia a casa. Infatti i medici di famiglia hanno promosso una formale azione contro la legge che li avrebbe voluti in prima fila nell’assistenza sul territorio ai malati di Covid. I medici di base ritenevano di non essere attrezzati per questo genere di assistenza. Oltretutto a livello nazionale erano state istituite delle unità apposite, dette USCA. La sigla significa Unità Speciale di Continuità Assistenziale.

Se si è ritenuto che fossero necessarie delle unità speciali particolarmente organizzate per combattere il Covid è allora chiaro che l’assistenza non potessero competere a dei medici di base.

Dal ricorso che i medici laziali hanno promosso e dal dialogo che ne è scaturito si è giunti a queste regole di base.

Queste regole sono tutt’ora in vigore.

Con il Covid non si chiama il medico a casa

Per prima cosa non bisogna recarsi nell’ambulatorio del medico. Questo vale sia per gli adulti che per i bambini. Non prendere d’assalto gli ambulatori, nemmeno quelli pediatrici.

Allo stesso modo non bisogna nemmeno precipitarsi al Pronto Soccorso. Infatti andare e venire dall’ospedale può dare luogo ad altri contagi.

In caso di sintomi sospetti occorre contattare le strutture sanitarie al telefono. É disponibile il numero verde generale del Ministero della Sanità ossia il 1500. Ma più vicino al cittadino è il numero dell’emergenza sanitaria regionale, disponibile sul sito di ogni regione.

All’epoca della prima ondata alcuni cittadini rimasero delusi perché prendere la linea al telefono era tutt’altro che facile. Come in tutte le cose il meccanismo ha avuto bisogno di tempo per andare a regime. Adesso, però, l’assistenza che si riceve non deve più destare preoccupazioni. Se un bambino in età pediatrica presente febbre superiore a 37,5 gradi bisogna chiamare il pediatra. Sarà lui ad indirizzare i genitori perché il minore possa fare il tampone. Nella maggior parte delle città italiane lo effettuano ormai con il sistema drive in. Gli infermieri si avvicinano all’auto e senza nemmeno scendere il problema tampone sarà risolto in poco tempo.

L’importante è rispettare rigidamente le regole per non diffondere irresponsabilmente i contagi.

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