Commercio elettronico, quando serve la partita Iva?

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Vediamo il commercio elettronico, quando serve la partita Iva? Fase-2, crisi economica e mancanza di lavoro portano di milioni di italiani ad interrogarsi sul come non affondare nella palude in cui ci troviamo. E in tanti, complice la diffusione di internet e le competenze informatiche acquisite, pensano di diversificare le proprie strategie di guadagno. Una di queste può essere il campo della vendita online. Come fare e come muoversi? Qui rispondiamo solo al quesito: commercio elettronico, quando serve la partita Iva?    

L’apertura di una partita Iva

Pensare di aprire un sito internet e vendere direttamente al pubblico i propri beni e/o servizi senza “mettersi in regola” col Fisco …non si può. Aldilà delle sanzioni in cui si incorre, c’è da considerare anche la chiusura del sito e quindi della propria neo-atività. Quindi: se l’intento è quello di occuparsi di vendita online in maniera sistematica, non è possibile e non è legale farlo senza possedere una partita Iva. Questo perché in tali circostanze ci stiamo proponendo di svolgere una nuova attività economica in modo abituale e sistematico. Anche quando intendiamo svolgere il c.d. dropshipping, ossia quella tecnica di vendita di prodotti che noi non possediamo materialmente. Ma che carichiamo sul nostro sito – magari perché ha più traffico – che funge da vetrina a merce altrui. Da essere poi riceviamo delle commissioni sul venduto effettivo.

Quindi a tutti gli effetti siamo degli imprenditori e come tali dobbiamo inquadrarci regolarmente con l’Erario.

Commercio occasionale fino a €5.000

Spesso nella mente del neo-imprenditore scatta l’idea di dedicarsi al commercio online sfruttando le c.d. “prestazioni occasionali”. Questo tuttavia è possibile solo quando, come dice appunto la parola, ciò che ci prefiggiamo di fare col nostro nuovo sito gode di due precise proprietà. A) Sia un’attività priva dell’organizzazione. B) Sia un’attività non abituale o continuativa nel tempo. Deve essere, alla lettera, un qualcosa di estemporaneo e stop. Altrimenti si scatta nel regime della partita Iva.

E il limite massimo  dei compensi percepibili fino a €5.000? A dire il vero questo limite non è disciplinato da nessuna norma, non esisterebbe. Tuttavia vi è l’obbligo, superata quella soglia, di versare i contributi previdenziali tramite apposita iscrizione alla “Gestione Separata Inps”.

Commercio elettronico, quando serve la partita Iva?

Vi sarebbe tuttavia un’altra alternativa all’esercizio (temporaneo) di vendita online senza l’apertura della partita Iva. Come fare? La soluzione si chiama “temporary shop” ed è possibile solo se il Comune dove s’intende avviare l’attività ne consente la relativa apertura. Queste “finestre” operative sono però quasi sempre utilizzate per finalità di marketing, come nel campo della moda e/o del lusso in generale. Si tratta spesso di attività turistiche rinomate dove un’azienda cerca di testare o promuovere le sue merci.

Il temporary shop può aversi massimo per 30 giorni all’anno. Ci si reca allo Sportello Unico delle Attività Produttive del Comune dove s’intende avviare il negozio e si presenta la “SCIA”. La SCIA sarebbe la Segnalazione Certificata di Inizio Attività. Al termine dei 30 giorni si presentano due alternative: cessare l’attività; comunicare al Comune l’apertura della partita Iva e quindi proseguire.

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