Come operare sul dollaro dopo la Fed?

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Come operare sul dollaro? Al termine della riunione FOMC è arrivata la decisione di abbandonare definitivamente ogni aumento del costo del denaro per i prossimi mesi.

La posizione della Fed

Resta perciò invariato il costo del denaro, fermo nello spettro di 2,25%-2,50%. Una decisione che ha sorpreso tutti visto che le attese erano per un solo rialzo nei prossimi mesi. Non solo, ma alcuni membri del board della Fed vedono uno stop ai rialzi fino al 2020. La prima conseguenza è stata un indebolimento improvviso del dollaro. Inoltre Powell ha specificato anche che continuerà la riduzione dei titoli a bilancio, un piano che si concluderà a settembre. Alla base della decisione c’è stato un mix di fattori.

Il perché della decisione

Il primo un’inflazione ormai nel range prefissato poco sotto all’1.8%. A questo si aggiunga una disoccupazione da tempo orbitante ai minimi storici (le attese parlano di un 3,7% per giunta in leggero aumento sul precedente livello di 3,5 %). In calo, invece, le stime di crescita: in questo caso si parla di un 2,1% a sua volta causato dal calo dei consumi e degli investimenti da parte delle aziende. La possibile hard Brexit, sempre più concreta, si va ad associare alla ormai inesauribile guerra commerciale che coinvolge anche le economie europee.

Operare sul dollaro: portafoglio post-Fed

Come cambierà il portafoglio in virtù di tutto questo? Innegabile che, come sempre accade in caso di difficoltà a livello internazionale, il primo ad avvantaggiarsene sia l’oro. Il calo del dollaro arriverà parallelamente ad un miglioramento dei bond dei Paesi Emergenti. Per loro, infatti, si pensa ad un alleggerimento della pressione con la politica dovish della Fed.

Chi sarà favorito?

La decisione della banca centrale, inoltre, favorirà anche quelle azioni di aziende gravate da un forte debito. Potrebbe però trattarsi di un sospiro di sollievo momentaneo. Infatti sono tante le incertezze che gravano sul pianeta a livello economico. Da qui le previsioni di un periodo di maggiore volatilità, soprattutto sui listini azionari. Infatti a spaventare sono anche i dati macroeconomici provenienti dagli Stati Uniti. Negli ultimi mesi, infatti, sono dimostrati sempre più spesso non solo al di sotto dei precedenti ma anche inferiori alle attese del consensus.

Anche la BoE è dovish

Ecco spiegato perché, nonostante una Fed dovish, le azioni non hanno avuto quella fiammata, che solitamente si registra nel caso di comunicazioni del genere. Intanto, in Gran Bretagna, i tassi di interesse sono rimasti fermi anche in casa della Bank of England che ha deciso per lo status quo di 0,75%. L’atmosfera accomodante torna sui mercati

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