Come il virus ha ridisegnato la composizione di Piazza Affari

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Una volta erano le banche. Oggi è l’industria. Stiamo parlando di come è cambiata nel tempo la composizione della Borsa. E di come il virus ha ridisegnato la composizione di Piazza Affari. Già, perché se le banche erano le regine di Piazza Affari fino a 5 anni fa, oggi lo sono meno. Intendiamoci. Il nostro listino è sempre bancocentrico. E particolarmente lo è il FTSEMIB. Cioè quello principale. Ma le banche non hanno più quella preminenza, come capitalizzazione che avevano nel passato. Anche solo fino a 5 anni fa. Come detto, è un effetto di crisi ed incertezza. due fenomeni che hanno colpito pesantemente le banche sin dall’inizio della Grande Crisi Finanziaria, nel 2007-2008.

Gli effetti della pandemia hanno velocizzato trend già in atto, comunque. Uno su tutti è stato lo spostamento degli investimenti dalle società petrolifere a quelle delle energie rinnovabili. Ed anche verso il fintech, e reti ed industrie più avanzate. Il tutto a svantaggio di quelle più tradizionali, come automobili e banche. Le politiche di sostegno delle banche centrali hanno favorito le società regolate. Che pagano dividendi interessanti. Come le infrastrutture. Che oggi sono trattate alla stregua dei bond dagli investitori. Visto che le cedole dei loro dividendi rendono molto di più del reddito fisso.

Come il virus ha ridisegnato la composizione di Piazza Affari

Qualche nome che rende e renderà particolarmente bene? Inwit, che gestisce le torri di telecomunicazioni wireless in Italia, con oltre 11.000 impianti. E che è più grande di Telecom Italia. Anche perché le torri sono a prova di pandemia. Le bollette, che possono anche non essere pagate, no. ENEL, che è un player globale dell’energia più grande di ENI. Da cui sono state scorporate, giova ricordarlo, Saipem e Italgas. Tra le municipalizzate HERA, a suon di acquisizioni, è più grande di A2a e ACEA. E per lo stesso motivo Nexi capitalizza più di Poste Italiane. E Unicredit è grande appena il doppio di Finecobank. Che è la più fintech delle banche italiane. L’eccezione alla regola è ovviamente Intesa Sanpaolo. Che ha conquistato Ubi Banca. Ed adesso è un leading player europeo.

Altri nomi. Stmicroelectronics, che è nato da una costola dell’ex Finmeccanica. Oggi è otto volte più grande di Leonardo. Che di Finmeccanica è l’erede. Interpump vale il doppio di Saipem, anch’essa ex di ENI. E che si sta riconvertendo alle rinnovabili sempre di più. Ferrari è il terzo titolo per capitalizzazione di Piazza Affari. E regge bene l’urto di una Tesla che vale (irrealmente) cinque volte la Volkswagen, per dire.

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