Come il coronavirus minaccia di mandare i comuni in default

Come il coronavirus minaccia di mandare i comuni in default

La notizia del giorno l’ha sicuramente fornita Goldman Sachs con la sua previsione del Pil italiano  per il 2020 pari a -11%. Anzi, a dirla tutta, la loro stima – resa nota da poco – parla di -11,6%, che è tantissimo in termini di ricchezza mancante. Per avere un termine di riferimento attendibile della portata, moltiplichiamo il Pil del 2019 per il crollo stimato per il 2020. Ossia: €2.150 x 0,116 = €249,4 miliardi di euro. In pratica 10 volte tanto le cifre stanziate dal decreto Cura Italia di dieci giorni fa. Una debacle. Che si abbatterà inevitabilmente anche sulle casse dei Comuni italiani. La domanda ci poniamo è infatti: come il coronavirus minaccia di mandare i comuni in default?

L’importanza dei Comuni nell’organizzazione dello Stato

I Comuni incarnano da sempre la risposta più vicina ed immediata dello Stato ai bisogni del cittadino. Specie nei paesi di medie-piccole dimensioni, dove il rapporto tra popolazione e governatori è spesso diretto e magari ci si conosca anche  personalmente. In pratica è il “braccio operativo” più vicino a noi cittadini, nel chiedere e nel darci. Ma da giorni il blocco delle attività produttive private li sta privando di grosse fette di incassi, mentre su di essi ricade la responsabilità di erogare servizi. Sugli ottomila sindaci del Paese pesa infatti la risposta prima della gestione dell’emergenza sanitaria. Conoscono il territorio, le criticità, sanno come ottimizzare gli interventi sul campo. Ma come si finanzieranno? Da dove prenderanno i soldi per continuare a garantire i servizi alla cittadinanza? Come il coronavirus minaccia di mandare i comuni in default?

Le principali fonti di entrate

Queste “istituzioni di prossimità” per eccellenza attingono i loro fondi in particolare dalle seguenti fonti:

  • l’Imu e la Tari (anche) da artigiani, imprese e commercianti. Se il loro blocco produttivo sarà prorogato, saranno in grado di adempiere ai loro doveri? E ancora, quanto sarebbe giusto aggravarli di queste imposte, in un momento così particolare?
  • Le insegne e le pubblicità, che da sempre sono le spese tagliate per prima dalle aziende nei momenti di difficoltà economica.
  • La tassa di soggiorno a carico dei turisti, che non è poca cosa se si pensa al peso del turismo sul Pil italiano. O se si considera il numero dei paesi costieri o sul cui territorio ricadono beni storico-artistico-culturale.
  • Le tasse per l’occupazione del suolo pubblico, tipo mercati settimanali, tavolini dei bar e ristoranti, etc.

Urgono risposte e vie d’uscite fattibili

Ecco spiegato allora come il coronavirus minaccia di mandare i comuni in default. Si tratta di capire come far fronte a un’entrata mancante che si stima oscilli sui 3 miliardi di euro. Un fattibile panel di proposte su cui il Governo è chiamato a dare risposte ruota attorno ai seguenti quattro cardini:

  • la liberazione di quote ulteriori degli avanzi di amministrazione.
  • Un miliardo di euro per fronteggiare le spese del semestre.
  • L’estensione del blocco delle rate a tutti i mutui.
  • Il taglio degli obblighi di accantonamento a copertura delle mancate riscossioni.

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