Ciò che desidero è poter fare del canto la ragione del mio essere nel mondo. Ecco a 360 gradi il soprano Giulia Spanò

Giulia Spanò

Ciò che desidero è poter fare del canto la ragione del mio essere nel mondo. Sono parole  che ci toccano ma vediamo chi le ha pronunciate, quasi sussurrate.

Giulia Spanò, 29 anni, giovane soprano siciliana, inizia i suoi studi di canto nel 2011 presso il Conservatorio “A. Corelli” di Messina con E. Scatarzi. Trasferitasi a Milano, è ammessa al Conservatorio “G. Verdi” dove studia per un anno. Al contempo inizia la collaborazione con la compagnia d’arte “Traslochi Emotivi” come cantante e performer.

Approfondisce lo studio del canto partecipando alle Masterclass tenute da Alberta Valentini e Walter Alberti, Elisabetta Scatarzi, Carmela Remigio, Simone Ori.

Prende parte come solista a numerose iniziative musicali e festival quali la Rassegna “Il canto di Orfeo: Liriche da camera per voce e arpa”, solista nel concerto con l’orchestra di Fiati della Banda “Rossini” di Latina per il 150° anniversario dalla morte dell’omonimo compositore, solista al Festival di Musica Contemporanea del Conservatorio di Latina “Le forme del Suono” in diverse edizioni, come solista ne “Il fanciullo e gli incantesimi” di Ravel(2016), solista e voce narrante nel concerto “Schubertiade! I salotti musicali viennesi nel 190° anniversario della morte di Schubert”(2017), ospite al concerto lirico della rassegna Estiva del Comune di Gioiosa Marea (2018), interprete principale della “Cambiale di Matrimonio” di G. Rossini (Progetto del Conservatorio “O. Respighi” di Latina 2019), solista per il concerto in onore delle musiche del M. Nicolò Iucolano “L’aquila e i girasoli”(2019).

Debutta nel ruolo di Fanny nella “Cambiale di Matrimonio” di G. Rossini nel 2018, con l’orchestra del conservatorio “O. Respighi” di Latina; debutta nel ruolo di Annina nell’opera di Verdi “La Traviata” con l’orchestra Raffaello di Pesaro nel 2020.

Come inizia la tua carriera professionale e perché hai scelto la musica lirica?

Non so se la mia carriera professionale sia già iniziata. So solo che la mia storia con la musica sicuramente ha inizio molto tempo fa. Avevo 14 anni, ancora frequentavo le scuole medie. Un ragazzo campano venne a scuola e ci invitò a formare un coro giovanile. Ogni anno il concerto finale era dedicato a un tema, e dopo qualche anno preparammo pezzi sui musical. La mia voce era già emersa dal coro. Quell’anno cantai il duetto finale de “The Phantom of the Opera”. Un amico speciale appassionato di lirica mi sentì. È così che ho cominciato.

Non ero cosciente della scelta che avevo fatto, non lo sono stata per molto tempo. Amavo cantare e l’opera mi faceva vibrare il corpo e l’anima, mi scuoteva. Oggi penso che il canto lirico sia il prolungamento di ciò che sono.

Quale ricordo della tua infanzia e quello che ha condizionato di più la tua vita attuale?

Un ricordo d’infanzia legato al canto non riguarda la lirica: la sensazione di libertà più grande è cantare uno dei tanti dischi di Giorgia sulla macchina, insieme a mia madre. In quei momenti sentivo che solo cantando potevo connettermi al mondo.

Il ricordo che invece oggi mi da la forza di continuare, di studiare, è la prima esibizione dal vivo da solista in un’aria dal Gianni Schicchi di Puccini “oh mio babbino caro”. Avevo 16 anni e partecipavo per la prima volta ad una Masterclass con due grandi cantanti dell’opera italiana, Walter Alberti e Alberta Valentini e loro figlia, Elisabetta Scatarzi che sarebbe diventata la mia insegnante.

Giulia Spanò

Se dovessi descrivere il mondo in una strofa lirica, quale sceglieresti e perché?

Je dis, que rien ne m’épouvante, je dis, hélas! que je réponds de moi; mais j’ai beau faire la vaillante, au fond du cœur, je meurs d’effroi! Seule en ce lieu sauvage, toute seule j’ai peur, mais j’ai tort d’avoir peur; vous me donnerez du courage, vous me protégerez, Seigneur.”

Dico che niente mi spaventa, dico, ahimé, che so badare a me stessa; ma per quanto faccia la coraggiosa, in fondo al cuore, muoio di paura! Sola in questo luogo selvaggio, tutta sola ho paura, ma ho torto ad aver paura; voi mi darete coraggio, voi mi proteggerete, Signore.

Le prime strofe dell’aria di Micaela dalla “Carmen” di Bizet, ruolo che sto studiando in questo momento, acquisiscono per me un grande significato. Esse riflettono il mio sguardo sul mondo, che alle volte appare come un luogo selvaggio.

Il timore di non essere abbastanza forte, il rischio di gettarsi in qualcosa di troppo grande. Al contempo, la speranza e la determinazione mosse da un sentimento, forse amore o passione, da cui si attinge il coraggio. Quell’invocazione finale “Signore!”, non necessariamente letta in chiave religiosa, rappresenta l’atto di fiducia in se stessa e nell’altro.

Quali sono le tue ambizioni e quali potrebbero essere le problematiche che non potrebbero farle realizzare.

La parola “ambizione” mi ha sempre suscitato sentimenti contrastanti. Ciò che desidero è poter fare del canto la ragione del mio essere nel mondo. Non perché senza cantare non posso sopravvivere, delle passioni si può fare a meno. Ma perché sento che il mio canto può essere il mio contributo al mondo, una forma di gratitudine insomma.

L’impossibilità di realizzare questo desiderio ha più matrici: da una parte queste riguardano me, il mio carattere, le capacità artistiche che non solo esclusivamente vocali.

Dall’altra la situazione di immobilità, la precarietà nel mondo dell’arte e dei teatri, già grave in Italia prima dell’avvento del virus, diminuisce le opportunità di mettersi alla prova. Se i teatri chiudono, cantanti e musicisti e non solo loro, non lavorano.

Cosa consigli a chi vuole intraprendere la tua carriera?

A mia volta consiglio ciò che a me è giunto dagli artisti che ho avuto il piacere di incontrare sulla mia strada: la gioia commista allo studio e alla determinazione. Accettare le proprie doti e cercare di farle fiorire al massimo attraverso la disciplina e la tecnica.

Tutto ciò è imprescindibile, insieme alla ricerca di figure guida, di maestri, che possano accompagnarti in questo percorso.

Prima hai affermato:”ciò che desidero è poter fare del canto la ragione del mio essere nel mondo”. Ci sveli un tuo sogno da realizzare?

Il sogno più grande è trovare la formula che permetta alla mia voce di cantare libera, libera di esprimersi in armonia col corpo e con ciò che lo circonda. Credo che questa sia la chiave che apra all’empatia e alla commozione di coloro che ascoltano insieme a chi canta.

Dove sarai il 16 ottobre 2030?

Probabilmente sarò nella mia vigna, intenta a selezionare i grappoli più belli per la vendemmia. Questo prima di recarmi nello studio, al pianoforte, per studiare un nuovo ruolo per qualche teatro in giro per l’Europa, accanto al mio fidato labrador nero.

Ci lasci con una frase? Quale?

“Un bel dì vedremo…”

Consigliati per te