Cigni un po’ meno neri ed Italia al palo di Gian Piero Turletti

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A cura di Gian Piero Turletti

Autore di

Magic box

PLT

Mentre gli indici azionari paiono aver sentito la rilevanza dei punti nodali, di cui alla mia precedente analisi, quelli statunitensi usciti con ampio candelone daily di ieri dalla struttura del canale ribassista, quelli europei invece ancora nell’ambito di una dinamica meramente correttiva, possiamo notare alcuni rilevanti fatti, che potrebbero rappresentare i principali drivers di mercato, per il breve e medio termine.

Mi riferisco a quei cigni neri, che a ben vedere, paiono ultimamente un po’ meno neri del previsto.

Grecia in testa, sulla base di quanto espresso dalla curva dei rendimenti dei bond governativi.

Praticamente una situazione analoga a quella di un malato ancora febbricitante, ma in cui la temperatura sta scendendo.

Infatti la curva dei rendimenti greci , che sino ad un mese fa era positiva solo fino alla scadenza biennale, ora ha aumentato il tratto positivo sino ai 5 anni, segno che i mercati confidano in una positiva soluzione della ormai consueta disputa tra Europa e Grecia, e che la situazione è tale, da consentire quanto meno sufficiente liquidità per il medio termine.

Inoltre, a partire dal picco dei 5 anni, la curva, dalla netta configurazione discendente, che aveva assunto solo un anno fa, sta ora modificandosi in curva piatta, con ravvicinamento tra tassi a 5 anni e tassi relativi alle scadenze più lunghe, segno che si prevede ora, più che una netta recessione, una forma di stagnazione, forse gestibile con riforme ed aiuti esterni.

Possiamo in sintesi dire: cigno forse non più nero, ma grigio.

Situazione simmetrica, ed opposta, per la questione brexit.

La curva dei rendimenti dei bond governativi britannici è leggermente ribassista nel tratto sino a due anni, e riassume pendenza positiva da lì in avanti.

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A significare che i mercati prevedono possibilità di una leggera stagnazione a breve, ma che non inficia il medio e lungo termine dell’economia britannica.

Probabilmente, scommettono o su una permanenza nell’UE, oppure che anche un esito positivo sull’uscita non avrebbe, più di tanto, implicazioni negative.

Possiamo quindi dire che sui mercati prevale un certo ottimismo, rispetto a tali due fondamentali questioni, certo in grado di condizionare i mercati.

Quanto all’altra fondamentale domanda, cioè perché l’Italia, rappresentata dal nostro Ftse mib, rimanga da tempo al palo, occorre notare che al tradizionale gap negativo in termini di sistema paese e relativa efficienza (a partire dal funzionamento della giustizia, e certo su una giustizia che funziona male è difficile costruire un clima di fiducia da parte degli investimenti e del mondo degli affari, che si basa su accordi legali, con la conseguenza che in Italia bisogna spesso sperare che la controparte rispetti gli accordi, altrimenti aver ragione in tempi ragionevoli diventa ardua impresa), si aggiunge una ulteriore notazione negativa.

I volumi in borsa si sono drasticamente ridotti, dall’introduzione della Tobin tax.

Il governo sperava di guadagnarci qualcosa, ma evidentemente gli operatori hanno preso decisioni che hanno fortemente ristretto la relativa base imponibile, per cui francamente è difficile ammettere che sia stata una decisione felice, anzi.

Ancora una volta, non è stata agevolata l’attrazione di capitali.

Tra tutti questi elementi, possiamo nutrire un moderato ottimismo sui mercati, legato anche agli elementi tecnici, evidenziati nel nostro precedente articolo, ma continuiamo a ritenere che vi siano diversi motivi, per cui il nostro indice continuerà ad essere dotato, sul medio/lungo, di minor forza relativa.

 

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