BTP Italia 2025, il rendimento è in linea col rating col debito pubblico?

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Con la giornata odierna si chiude la tre-giorni di raccolta retail del BTP Italia 2025. Poi domani sarà il turno degli istituzionali, il cui contributo farà salire il totale delle entrate  complessive del Tesoro. Si andrà verosimilmente a sfondare quota €10 miliardi, considerate le raccolte pari a €4.018 mld di lunedì e i €4,767 di ieri. Il piccolo investitore però si chiede se il BTP Italia 2025, il rendimento è in linea col rating col debito pubblico? Vediamo di rispondere.

Le caratteristiche tecniche della 16° edizione

Punto di partenza non può che essere un’analisi della “scheda prodotto” in questione. Il BTP Italia 2025, ISIN IT0005410904, lo si acquista senza costi di commissioni (solo in emissione) e a multipli di mille euro. Sarà quotato sul Mot e quindi a regime (scadrà il 26 maggio 2026) il suo corso in Borsa oscillerà rispetto al valore 100 di emissione. Le cedole, semestrali, danno un interesse reale minimo dell’1,4%, indicizzato all’inflazione misurata dall’Istat (l’IPC con esclusione dei tabacchi). Questo vuol dire che ogni 6 mesi il Tesoro pagherà la cedola e rivaluta il capitale. Nel caso estremo ci dovesse essere deflazione, non ci sarà né rivalutazione né addebiti per l’investitore.

Per chi lo terrà fino alla fine, il Tesoro riconoscerà un premio fedeltà dell’8 X mille lordo, quindi €8 ogni €1.000 di BTP acquistati. Ma attenzione, l’8 X mille sarà sul valore nominale e non rivalutato dell’investimento iniziale. Il tutto andrà comunque a beneficio del rendimento finale, a scadenza tassato del 12,5%.

Le ragioni del sì

Quali motivazioni potrebbero stare alla base di un acquisto del bond? Non mancano, anche se a dire il vero a pelle non sembrano essere poi così forti.

Protegge dall’inflazione. Per chi crede che il costo della vita da qui a breve rialzerà la cresta, il BTP Italia 2025 protegge bene da tale scenario.

Opportunità di “switch” (in senso lato). Offre un’ottima soluzione d’impiego per chi ha in portafoglio altre emissioni più corte o a chi deve rinnovare titoli prossimi alla scadenza. Insomma si presenta come una buona occasione per fare arbitraggio tra emissioni differenti.

Possibile risposta per chi ha scarsa propensione al rischio. È rinomato infatti il rapporto inverso tra rischio e rendimento. Ora, quando il primo è nullo o insignificante, allora anche un 1,4% di rendimento può fare la differenza.

Le ragioni del no

Scarse aspettative sull’inflazione. Per chi ritiene invece che il costo della vita da qui a pochi anni non andrà aumentando, potrebbe essere più sensato cercare soluzioni alternative.

I deflussi da parte degli investitori esteri. Solo a marzo 2020 la componente estera ha liquidato ben €51,5 miliardi di BTP (dati Banca d’Italia). Tanto quanto (quasi) l’intera manovra da €55 mld del decreto Rilancio.

I dati del Mef. Qui entrano in gioco i dati tutt’altro che brillanti pubblicati dal Mef nel mese di aprile scorso. Per cui se un investitore dovesse ritenere (da qui a 5 anni) una ristrutturazione del debito, farebbe bene a guardarsi attorno.

 BTP Italia 2025, il rendimento è in linea col rating col debito pubblico?

Ma al netto di tutto, il rapporto rischio/rendimento rende “giustizia” all’investimento? A dire il vero il beneficio finale è più basso dell’1,4%+bonus fedeltà se si tiene conto del 12,5% di tassazione finale. In sostanza si tratta di un tasso di ritorno basso se si tiene conto del “bilancio economico” dell’emittente. Unito allo spread che è ormai stabilmente sopra i 200 punti da qualche mese. Solo da poco si è chiuso il round di giudizi sul debito pubblico italiano, rimasto ancora (per quanto altro?) in terra investment grade. Ma il mercato estero, abbiamo visto sopra, a marzo ha liquidato BTP a piene mani.

Morale: quell’1,4% è basso, se letto alla luce dei rating delle 4 agenzie, lo spread e il livello del debito pubblico. Ma anche tenendo conto il rischio di future entrate fiscali più basse per via della bassa crescita/produttività del Paese. In sostanza si tratta dunque giusto di un minimo sindacale, anche alla luce delle altre emissioni in giro che non offrono più di tanto. Se non fosse per l’opera di acquisto massiccio di titoli da parte della BCE ormai da mesi, la realtà sarebbe ben diversa dell’attuale. Ovvero quella di un Tesoro costretto a riconoscere tassi decisamente più alti e maggiormente in linea col nostro rating. E questo al fine di invogliare il mercato (nazionale ed estero) a sottoscrivere i BTP .

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