Brexit: le contraddizioni sono tante

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Brexit: rischia il Governo May

Il governo inglese capeggiato da Theresa May potrebbe arrivare al capolinea molto presto. Tutto nasce dall’intesa che è stata raggiunta in settimana con Bruxelles sull’uscita di Londra dall’Unione Europea, la cosiddetta Brexit.

L’accordo raggiunto, però, non solo non è piaciuto alla maggior parte dei ministri che ha però deciso di concedere il suo nulla osta sia di fronte alla minaccia concreta di una totale assenza di accordi (cosa che avrebbe costretto Londra ad un divorzio economicamente molto pericoloso) sia perchè il testo è pur sempre una bozza quindi potenzialmente suscettibile di modifiche, ma anche alla maggior parte degli stessi sostenitori della Brexit, oltre che della May.

Hard Brexit?

Cosa è successo?

In sintesi i termini del testo contraddicono la tesi portata avanti dal premier inglese secondo la quale “Uscire dall’Unione senza un accordo è meglio che farlo con un cattivo accordo”.

In altri termini: Londra non avrebbe permesso troppe concessioni a Bruxelles.

Esattamente l’opposto di quanto, invece, l’accordo presentato nelle scorse ore sembra sancire. Inizialmente, cioè quando la May arrivò a Downing Street dopo una raffica di dimissioni arrivate all’indomani del referendum che sancì la nascita della Brexit, si pose come obiettivo di uscire dal mercato unico, evitare ogni unione doganale e nessuna zona grigia che portasse il Regno Unito a far parte dell’Ue solo secondo alcuni parametri, anche a costo di fermare la libera circolazione delle persone, altro scopo da lei prefissato: in altre parole un addio che impedisse qualsiasi ingerenza dell’Europa nella vita politica ed economica dell’Isola. Costi quel che costi.

E non sarebbe costato poco.

Le stime iniziali parlavano di qualcosa tra i 40 e i 55 miliardi di euro. Ma a prescindere dai numeri, che poi si sarebbero quantificati strada facendo, oggi la delusione su tutti i fronti è tanta, troppa, dal momento che Londra rischierebbe non solo di restare sotto il giogo Ue a tempo indefinito, ma non avrebbe neppure diritto di intervenire nelle decisioni. Al centro del problema, il confine tra Irlanda del Nord (territorio inglese) e il resto dell’Irlanda: attualmente, entrambe nell’Unione, vedono la libertà di movimento di merci e persone ma, con l’Inghilterra come paese terzo, si dovrebbe ripristinare il confine fisico, con tutte le problematiche derivanti non solo a livello economico ama anche sociale visto il sanguinoso passato di guerre che hanno contraddistinto la zona.

Ma l’accordo  sulla Brexit chiuso nei giorni scorsi vede l’Irlanda del Nord mantenere le frontiere aperte, restando quindi nell’Unione mentre per il resto della nazione inglese si parla, invece, di un’Unione doganale. Risultato: la frontiera, di fatto, si ricrea, ma sul mare e l’Inghilterra si troverebbe letteralmente tagliata in due a tempo indeterminato visto che nella bozza non si pongono date alla situazione ma solo un generico riferimento “a quando non si troverà un accordo sul confine nordirlandese”.  Un favore troppo grosso fatto all’Europa che potrebbe costare molto caro alla May.

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