Brexit: cosa significa il no deal?

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Brexit: cos’è il no-deal? Una domanda che ci si sta ponendo sempre più spesso. Ecco cosa significa

Brexit: cosa significa il no deal?

Partiamo con ordine. Nei mesi scorsi il governo del premier inglese Theresa May e i negoziatori dell’Unione europea avevano firmato un accordo. Il testo regolava l’addio di Londra all’Unione ma doveva essere ratificato dal Parlamento inglese. Quest’ultimo, però, non ha accettato (per ben tre volte) l’intesa firmata. Da qui le opzioni: un addio all’Ue senza alcun accordo oppure un addio all’Ue con un accordo diverso. Nel secondo caso, però, dovrebbero essere necessarie due cose.

No deal Brexit: perché spaventa tutti?

La prima sarebbe la disponibilità dell’Unione a cambiare i termini prefissati. La seconda sarebbe un piano alternativo. Piano che, però, attualmente non c’è visto che il Parlamento inglese ha votato NO senza però presentare altre opzioni. O per meglio dire, bocciando tutte quelle avanzate. Inoltre, da parte sua, l’Unione ha già fatto sapere di essere disposta solo a piccole limature sul testo di riferimento (quello bocciato, per intendersi). Ecco allora aumentare le probabilità di un addio senza accordo. In altre parole il No deal.

No deal: quali conseguenze?

 La prima, e più ovvia, conseguenza arriverebbe sulla sterlina. Un crollo sarebbe l’opzione più probabile. Crollo che coinvolgerebbe anche il settore immobiliare. Altra conseguenza: i vincoli doganali che aumenterebbero i prezzi delle (tante) merci che Londra è costretta ad importare. Il settore finanziario, il punto forte dell’economia britannica, inoltre, potrebbe subire un colpo gravissimo. A rischio, infatti, tutte le licenze per scambiare beni e servizi con l’Ue. Ma anche con tutto il resto del mondo. Infatti l’Isola di Sua Maestà si troverebbe a dover rivedere gli accordi stretti in sede Ue con tutto il resto delle nazioni.

Londra paese terzo

L’accordo stipulato dalla May prevedeva un periodo di transizione, una sorta di cuscinetto temporale che avrebbe permesso l’adeguamento e il rodaggio delle nuove norme. Con il No-deal, invece, la Gran Bretagna sarebbe trattata immediatamente come paese terzo da un giorno all’altro. Il tutto senza dimenticare i diritti di chi, straniero, vive e lavora nel Regno Unito.

Il passo falso del referendum

Era il giugno del 2016 quando, a sorpresa, la Gran Bretagna votava per uscire dall’Europa. Il passo falso che si commise allora (e che oggi si sta pagando) fu quello di chiedere se uscire o no. In realtà sarebbe stato più saggio chiedere non solo “se” uscire ma anche “come” farlo. In altre parole: proporre anche le strategie per districarsi da quell’Unione che i britannici non hanno mai gradito.

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