Brexit: ci siamo. Verso un rigetto

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L’accordo per la Brexit firmato dal primo ministro inglese Theresa May e dai rappresentanti dell’Unione Europea sarà votato questa sera dal parlamento inglese.

Il risultato quasi certo

Il risultato finale si dovrebbe avere intorno alle 22 ora italiana. Con ogni probabilità il testo sarà rigettato. Tanti i contrari ai termini di un divorzio che lascia in sospeso troppe questioni. Prima fra tutte quella del confine nordirlandese. Ma quello che lascia perplessi è anche il numero dei deputati conservatori che si schiereranno contro il primo ministro. A sua volta membro del partito conservatore. Una guerra intestina che ha messo contro la May circa 100 Tory.

I numeri

In tutto a Westimister siedono 650 membri che diventano 639 vista l’assenza di 11 parlamentari. Tirate le somme il testo dovrà essere accettato da 320 rappresentanti. Tecnicamente i conservatori hanno 317 parlamentari, i Labour 257, il Partito nazionale scozzese 35, i Liberal 11 voti e gli Unionisti 10 voti. Un no certo, dunque.

Il margine della sconfitta e la Brexit

Tanto che gli allibratori britannici danno la percentuale della sconfitta al 98%. Per questo motivo invece di chiedersi se il contratto passerà o meno, la domanda è: con quanti voti di scarto sarà bocciata l’intesa? Anche in questo caso non si tratta di una domanda da poco. A seconda del numero, infatti, il destino della sterlina potrebbe cambiare. Su 639 parlamentari una sconfitta con oltre 150 voti contrari equivarrebbe ad un margine irrecuperabile. A tutto discapito della sterlina. Diversamente con uno scarto di 50 voti sarebbe possibile, almeno in teoria, sperare in una possibile via di uscita.

Le paure dell’Unione

Ma il problema non riguarda solo Londra. Infatti la stessa Ue sta iniziando a temere le possibili conseguenze di un’uscita (Brexit)  senza accordo. Infatti nei giorni scorsi il parlamento britannico aveva imposto al governo di presentare un piano B in caso di bocciatura del testo che verrà votato questa sera. Un piano B che è stato rifiutato da Bruxelles. Rappresentanti europei hanno infatti confermato che l’unico accordo riconosciuto sarà quello firmato a suo tempo. Un’intransigenza che, in vista delle elezioni europee previste in primavera, potrebbe trovare toni più concilianti.

Brexit e dopo?

Vista la quasi certa sconfitta, in molti temono possibili nuove elezioni. Le probabilità di un secondo referendum sono relativamente minori, ma è quello a cui tende il Parlamento. Gestire l’uscita senza un accordo sarebbe impensabile, almeno stando a quanto dichiarato al governo. La maggior parte degli organi coinvolti, quindi, sarebbe propenso per un allungamento dei tempi. La deadline, infatti, è fissata al 29 marzo. Troppo presto per rivedere tutti gli accordi commerciali, fiscali, politici e sociali.

 

 

 

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