Borsa che vai, umore che trovi

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Come cambia in fretta l’umore in borsa, il cosiddetto sentiment, è cosa nota. Molto meno comprensibili sono le motivazioni che spesso portano a repentini cambi di umore che rendono i trend sempre meno stabili e lineari.

Oggi ne abbiamo l’ennesima riprova .

Soltanto una buona intonazione americana consentirà una tenuta del trend micro di recupero in atto evitando l’ennesima inversione tendente al capitombolo imminente.

Proprio il comportamento delle borse USA ci dà indicazioni e anche indirizzi di spiegazione precisi.

Certamente nel lungo termine, un aggancio al trend macro –economico , magari scontato con congruo anticipo, è evidente.

Le borse che ritoccano i massimi storici sono sempre spinte da cicli di economia sani e produttivi. Così come il contrario. Ma nel mentre i trend di lungo si offrono per poi riportarsi verso nuovi target si susseguono dinamiche di micro e medio trend spesso incomprensibili. Le borse dei paesi deboli non sono altro che amplificatori delle fasi di difficoltà e per lo più zoppicanti (con qualche saltello extra ogni tanto)pellegrini al seguito nelle fasi di effervescenza borsistica.

Si diceva delle indicazioni ed indirizzi: l’indice con la tempistica più breve nel riconquistare i massimi è da sempre storicamente il Dow Jones.

Appresi casualmente, durante una visita cultural-turistica, uno dei suoi segreti.

La composizione e ridefinizione del principale indice USA , composto da soli 30 titoli, è frequentissima e di conseguenza appena una società perde quota viene rimossa rapidamente.Più che un indice il Dow Jones 30 è un paniere di investimento studiato e mirato per raggiungere sempre nuove vettenel più breve tempo possibile e contenere i cali nelle fisiologiche fasi di crisi.

La correlazione tra recupero dei massimi e gestione veloce della composizione degli indici in America è molto alta , infatti dopo il Dow 30 viene l’S&P500 e per ultimo il Nasdaq specie nella formula composite.
Non ci avventuriamo in una classifica del genere a livello globale ci limitiamo a constatare e mettere in evidenza questa tipologia di correlazione tra gestione delle componenti dell’indice e suo proprio indice di fiducia nei confronti dei compratori.

Si può infatti ritenere, a ragion veduta, che questa forza relativa perennemente superiore agli altri listini, almeno in termini di riaggancio aggiornamento dei massimi storici sia negli anni diventata una componente fondamentale nel sentiment sul principale indice USA che rimane sempre il più rapido a riportarsi al bello e il più riottoso ad adeguarsi alle crisi. Poi nel caso di crolli globali, è evidente, ci dà dentro anche lui, ma il tempo di ripristino rimane tendenzialmente il più breve in assoluto.

Quasi il paradiso per i cassettisti.

Anche se noi europei dobbiamo fare i conti col cambio euro/dollaro che invece risente di dinamiche monetarie e spesso non è legato, anzi proprio per nulla, ai cicli delle economie.

E’ opportuno precisare che i parametri old style nella composizione degli indici sono di molto modernizzati nella rotazione delle componenti del Dow Jones, indice che guarda sì la capitalizzazione dei titoli  ma anche molti altri fattori che lo rendono quasi invincibile.

Ho scritto quasi perché così avremo un parametro di quando, partecipandovi seriamente il Dow Jones, un crollo di borsa sarà da intendere veramente come tale e quando invece sarà l’ennesimo fuoco di paglia almeno guardando a una view globale dei mercati.

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