Attenzione al consumo indiscriminato di cozze. Lo riferisce l’ultimo rapporto oceanografico 

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Un focus per fare attenzione al consumo indiscriminato di cozze. Lo riferisce l’ultimo rapporto oceanografico. Le chiamano “spazzini del mare”. In effetti le cozze, perché è di loro che parleremo, per nutrirsi, devono assorbire e filtrare l’acqua marina. Pertanto è di vitale importanza che le cozze vengano pescate in acque pulite. Una cosa molto più facile a dirsi che a farsi. Specie se si considera che esistono programmi, su scala nazionale, finalizzati al monitoraggio della salute delle coste, che si servono  proprio dei molluschi bivalvi, come le cozze. Giusto per fare un nome, esiste il “National Status and Trends Mussel Watch” che studia lo stato di salute di alcune acque costiere, tra cui: l’Alaska, le Hawaii, il Porto Rico e i Grandi Laghi. Vediamo quindi di approfondire questo focus dal titolo: “Attenzione al consumo indiscriminato di cozze. Lo riferisce l’ultimo rapporto oceanografico”.

Il rapporto oceanografico

A riferire di “condizioni degradanti nella popolazione di cozze e ostriche” è Dennis Apeti, autore principale del rapporto e oceanografo con i Centri nazionali per la scienza dell’oceano costiero del National Ocean Service. Peraltro è sempre Apeti ad affermare che le conclusioni del rapporto riflettono solo un numero limitato di parassiti e malattie che possono colpire i bivalvi. Ci sarebbero cioè altre analisi dei tessuti nei molluschi che il rapporto in questione non ha neppure valutato.

Entrando più nello specifico, il rapporto fornisce tendenze sia nazionali che regionali. Vediamo quindi quali sono le aree geografiche entrate nella lista nera, per quanto riguarda sia cozze che ostriche. Le ostriche del Golfo del Messico e lungo la costa orientale sembra abbiano mostrato livelli di parassiti più elevati rispetto a quelli di Puerto Rico o Hawaii.

Quanto poi alle cozze, quelle della cosiddetta West Coast hanno presentato livelli di parassiti significativamente più alti rispetto alle cozze della East Coast. Le cozze zebra, invece, che popolano le acque dei Grandi Laghi, sembra ospitino un livello inferiore di  parassiti ,oltre a presentare un numero significativamente inferiore di casi di malattia, rispetto a tutti gli altri bivalvi studiati.

Criteri di scelta

Senza dubbio un quadro sconfortante quello che esce fuori dal National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). Vale a dire l’agenzia federale statunitense che studia le dinamiche meteorologiche e le correnti oceaniche. Attenzione dunque amanti del pesce a consumare, con superficialità, cozze alla marinara o piatti super d’impepate di cozze. Del pari, non sarebbe minimamente da prendere in considerazione il consumo di cozze crude, provenienti da chissà dove e magari impiattate dal primo ristorante che capita a tiro in vacanza.

Se invece si appartiene alla schiera di coloro che preferiscono cucinare in casa, un utile suggerimento sta  nel leggere attentamente la provenienza dei mitili. In ogni confezione infatti deve essere apposta  un’etichetta tale da consentire la tracciabilità dell’origine delle cozze. Altro sistema per stare un po’ più tranquilli sta nell’appurare l’esistenza di apposita certificazione di prodotto per la filiera. Certificazioni poi non così frequenti, se si considera che ad esempio in Sardegna sembra esistere una sola azienda ad aver ottenuto questa preziosa certificazione.

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