Attenzione ai foglietti lasciati in giro perché in questi casi valgono come prova di reato

reato

La materia della contabilità in nero è oggetto di forte attenzione da parte dello Stato. Recentemente, ci sono state delle importanti novità che modificano in maniera sostanziale il modo in cui gli inquirenti possono intervenire in caso di presunzioni gravi di reato. Sono stati i giudici tributari della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia a dare una nuova svolta a questo problema.

Nell’approfondimento di oggi, analizzeremo il caso posto in esame, spiegando che bisogna fare attenzione ai foglietti lasciati in giro, perché in questi casi valgono come prova di reato.

Bastano, infatti, pochi block notes, qualche appunto, dei foglietti sparsi per scatenare negli inquirenti quella che viene definita come “presunzione grave”.

Secondo la CTR Sicilia, che si è espressa con la sentenza 8867/5 dell’8 ottobre 2021, è legittimo che l’Agenzia delle Entrate avvii un accertamento anche sulla base di questo semplice elemento.

Gli appunti possono essere considerati documenti extra contabili

Il caso di specie ha riguardato la contestazione effettuata da un avvocato rispetto alla legittimità di un accertamento avviato proprio dall’Agenzia delle Entrate nei suoi confronti.

Il professionista era stato oggetto di controlli a seguito del ritrovamento di due block notes che riportavano delle indicazioni di compensi ricevuti. Per l’Agenzia delle Entrate, questo si configura come documentazione extra contabile, una vera e propria prova di contabilità in nero parallela a quella ufficiale. Sulla base di questa documentazione, il fisco riteneva di dover percepire tasse aggiuntive per oltre 13mila euro.

L’avvocato, dal canto suo, si è opposto a questa decisione sostenendo che pochi appunti di questo genere non possono costituire un elemento così forte di indizio.

La legge, infatti, prevede che le presunzioni di questo genere debbano possedere tre elementi precisi: la gravità, la precisione e la concordanza. Quando sussistono tutte e tre le cose, l’accertamento induttivo è giustificato. Il professionista riteneva che, in questo caso, non ci fossero gli elementi per procedere.

Attenzione ai foglietti lasciati in giro perché in questi casi valgono come prova di reato

I giudici tributari sono stati, però, di diversa idea. La sentenza citata in precedenza ricorda infatti l’indirizzo della Cassazione, che spiega come anche dei semplici appunti personali possono rappresentare validi elementi indiziari.

Questo perché anche delle note sui foglietti possiedono i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti. Ciò significa che è il contribuente a dover fornire prova contraria con un’adeguata documentazione contabile.

I 13mila euro in esubero, tra l’altro, avrebbero consentito all’avvocato di non sforare il limite previsto per il regime dei minimi. Per lui c’è stato, dunque, poco da fare: la CTR Sicilia ha confermato e ritenuto legittimo l’accertamento effettuato dall’Agenzia delle Entrate.

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