Aspetti normativi del nuovo decreto tra poteri di normazione primaria e rilievi costituzionali

pandemia

Il nuovo decreto con le misure di contrasto alla pandemia, che ieri abbiamo esaminato sotto il profilo degli aspetti politici ed economici, presenta anche diversi rilievi interessanti dal punto di vista giuridico.

A partire dalla classificazione tra le fonti del diritto, sino all’esame di questioni di coerenza interna, di costituzionalità e di problematiche relative agli impatti su alcuni fondamentali diritti, costituzionalmente rilevanti.

E non ci riferiamo al diritto di libera scelta di un trattamento sanitario.

Aspetti normativi del nuovo decreto tra poteri di normazione primaria e rilievi costituzionali

Sin dai decreti varati sotto gli esecutivi guidati da Conte, vi è una principale problematica di cui anche sotto Draghi si continua a parlare. Quella che riconduce alla questione se vi sia un rispetto o meno di certe norme costituzionali da parte dei provvedimenti sulle misure di contrasto alla pandemia.

Ma ci sono tanti altri aspetti che anche nei famosi salotti di esperti non vengono di solito affrontate, eppure risultano rilevanti.

Vediamole in questo articolo, che si propone di far luce su diversi elementi.

Tipologia costruttiva del decreto

Dal punto di vista della costruzione del testo del nuovo decreto, come noto vi hanno lavorato esperti giuristi, specializzati in tecniche di redazione normativa, che utilizzano alcune tipiche metodiche, come quelle insegnate a chi va a lavorare al DAGL, ovvero il Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio.

Esaminando il testo, si nota che si tratta soprattutto di interpolazioni alla precedente normativa. Ossia tutta una serie di note, in forma di articolato, che precisano le parole che cambiano nel testo degli articoli del precedente decreto.

Ovviamente è difficile, quindi, di primo acchito capire il testo che ne risulta, in quanto occorre riprendere quello di prima, modificandolo con il nuovo testo.

Ma anche questa è opera, che si realizza in ambito giuridico, arrivando quindi ad un’opera di esegesi, finalizzata a ricostruire il testo che risulta dal precedente decreto, modificato con le nuove norme.

Svolto questo lavoro, ne risulta un decreto di rango primario.

Fonte di normazione primaria, ma con quali risvolti costituzionali?

Spiegata, nel precedente paragrafo, la tipologia di tecnica normativa, cui i tecnici sono ricorsi per la redazione del testo normativo, occorre sottolineare un aspetto davvero fondamentale. Un aspetto che distingue le scelte di Draghi da quelle che erano state, invece, adottate da Conte.

Quest’ultimo era ricorso a fonti di diritto di rango secondario, gerarchicamente subordinate alla legge, quali sono i DPCM, ovvero Decreti del Presidente del Consiglio.

Con Draghi si è invece scelto di ricorrere a quella fonte normativa di rango primario. Una fonte costituita dal decreto-legge e tale aspetto è tutt’altro che secondario. In primis in riferimento a problematiche, inerenti alla costituzionalità della normativa nel suo complesso.

Occorre considerare, a tale riguardo, che il Governo detiene un potere normativo generale. Potere in relazione alle fonti giuridiche cosiddette di grado secondario, come appunto i citati DPCM ed i regolamenti.

Atti di natura amministrativa, quindi, e non normative di rango legislativo.

Tale principio generale incontra alcune eccezioni, tra cui le cosiddette leggi delegate, in caso appunto di potere delegato dal Parlamento.

Unico caso in cui, senza la citata delega, il Governo può emanare disposizioni di rango legislativo riconduce ai decreti-legge. Decreti-legge che però non rappresentano un potere normativo generale, ma previsto esclusivamente per far fronte a casi di necessità e di urgenza.

Due problematiche connesse ai presupposti di un decreto-legge

La necessità

Come insegnano storia dei ricorsi alla Consulta e giurisprudenza costituzionale, questi presupposti della cosiddetta decretazione d’urgenza possono minare l’intera costituzionalità di un provvedimento, qualora si ritengano insussistenti.

Nel caso del nuovo decreto la possibilità, già esaminata anche da alcuni studi legali, parrebbe sussistere.

Vediamo perché.

Incidendo su rilevanti aspetti delle posizioni giuridiche soggettive costituzionalmente rilevanti, a maggior ragione il decreto va esaminato anche con particolare attenzione ai suoi presupposti.

La necessità richiede, in particolare, che le scelte effettuate dal legislatore siano strettamente indispensabili, per raggiungere lo scopo prefissato.

Interviene quindi nella definizione di tale aspetto anche una particolare disciplina, nota come legistica. In questo caso intesa non come disciplina della creazione normativa, ma come studio sulle conseguenze applicative di una determinata normazione.

Interviene quindi in tale contesto una pluralità di discipline. Esse si interrogano sulla sussistenza di un nesso funzionale, collegato alla ratio normativa, e sulla indispensabilità dei provvedimenti. Una indispensabilità intesa anche come raffronto con ipotesi normative alternative.

Nel caso di specie, a tale riguardo occorre quindi domandarsi se la scelta di strumenti, come il cosiddetto Super Green Pass sia strettamente indispensabile per il raggiungimento dello scopo normativo, essenzialmente incentrato sul contrasto alla diffusione virale.

Ma un tale profilo si rivela effettivamente pericoloso per il Governo, o meglio, al fine di difendere la costituzionalità del provvedimento.

Affermare, infatti, che si sia dovuti ricorrere ad un diverso tipo di Green Pass espone al rischio di ritenere che il precedente strumento, ovvero il Green Pass classico, se così vogliamo denominarlo, sia effettivamente stato uno strumento inutile.

E tale affermazione rischia quindi di lasciare aperta la porta ad un elemento, che potrebbe presuntivamente far ritenere che anche l’attuale Super Green Pass sia caratterizzato da uno scarso collegamento funzionale.

Infatti alcuni approfondimenti epidemiologici potrebbero sottolineare lo scarso collegamento con l’impedimento di nuovi contagi. In tal senso già lo strumento dei test e dei tamponi sarebbe caratterizzato da tale inefficacia, se si è ritenuto di estrometterli dalla condizioni per ottenere il nuovo Green Pass.

Un’analisi epidemiologica del contagio, di supporto eventuale a ricorsi in sede costituzionale, evidenzierebbe inoltre il rapporto tra percentuali del contagio e campagna di vaccinazione.

E peserebbe molto, nell’inevitabile analisi della contrapposizione tra diritti di diversa natura, l’efficacia che il nuovo strumento avrebbe o meno nel contenere la diffusione del virus.

A conti fatti, anche in considerazione della probabile tempistica che conoscerebbe l’emanazione di una sentenza costituzionale (comunque rilevante soprattutto in ipotesi di successiva proroga della normativa), assume quindi particolare rilievo l’insieme di dati epidemiologici che consentirà di rapportare la nuova misura al contenimento dei contagi.

Una particolare diffusione di nuove varianti o sottovarianti non potrà, quindi, che incidere anche sotto tale aspetto. Ovvero una eventuale mancanza di collegamento funzionale tra misure ed effetti, con possibilità che difetti quindi il presupposto della necessità.

L’urgenza

Si sono già verificati dei casi in cui lo stesso provvedimento normativo si caratterizza anche per una palese contraddizione rispetto al presupposto dell’urgenza.

Contraddizione che, ad esempio, si verifica quanto l’entrata in vigore è dilatata nel tempo, rispetto alla sua emanazione.

Se c’è urgenza si deve semmai prevedere una entrata in vigore il medesimo giorno della pubblicazione del provvedimento.

Il nuovo decreto, invece, entra in vigore il 6 dicembre, data quindi compatibile con il presupposto dell’urgenza?

L’obiezione è che, ad esempio, per consentire l’implementazione del nuovo Super Green Pass siano necessari alcuni tempi tecnici.

Ma allora, se si possono attendere questi ultimi, sussiste ancora una piena strumentalità del provvedimento rispetto all’urgenza, che costituisce conditio sine qua non della sua legittimità costituzionale?

Articolo 3 della Costituzione

Sempre sul tema “Aspetti normativi del nuovo decreto tra poteri di normazione primaria e rilievi costituzionali” e considerando un altro aspetto del nuovo decreto, emerge un palese riferimento al principio di uguaglianza, di cui all’articolo 3 della Costituzione.

Un consolidato orientamento giurisprudenziale in materia costituzionale ha evidenziato come tale principio venga violato essenzialmente tramite due fattispecie.

La normazione differenziata di situazioni uguali o dotate di notevoli analogie, ma anche la normazione uguale di situazioni differenziate.

Inoltre occorre tener conto di un principio di proporzionalità. Un criterio tale da non consentire di usare uno strumento che impatti maggiormente su determinate situazioni meno rilevanti di quelle in cui l’impatto normativo è inferiore.

Parrebbe proprio il caso di una diversa normazione di alcuni aspetti, da parte del nuovo decreto.

Tale situazione si verifica in relazione ad una diversa obbligatorietà delle due tipologie di Green Pass in relazione a determinate situazioni.

Si richiede, infatti, il Green Pass tradizionale in situazioni che paiono a maggior rischio come, ad esempio la metro. Il Super Green Pass, invece, in relazione a contesti, come bar e ristoranti, in cui pare decisamente inferiore il rischio di diffusione del virus.

Occorre quindi domandarsi quanto segue: perché in determinati contesti, che paiono a maggior rischio, si richiede il Green Pass “classico”?

In altri termini, se in alcuni contesti, come bar e ristoranti, dove pure si verificano minori assembramenti rispetto ad altre situazioni, si afferma che il Green Pass, come precedentemente concepito, risulta tale da non garantire un certo livello di sicurezza, perché dovrebbe garantirlo, a maggior ragione, dove gli assembramenti possono essere più numerosi e consistenti?

Non si tratta di una ingiustificata disparità di trattamento, con conseguente violazione dell’articolo 3 della Costituzione?

La risposta potrebbe essere che, tanto, in siffatti contesti lo Stato non ha grande possibilità di intervento e di controlli. Ma, a maggior ragione, la situazione in tali luoghi a maggior indice di diffusione virale, rischia di divenire preoccupante ed il tutto ha francamente poco senso logico. Tale, appunto, da esservi sottesa quell’ingiustificata disparità di trattamento, che secondo giurisprudenza costituzionale consolidata non può non costituire un vizio di palese e rilevante incostituzionalità.

Ma anche nei luoghi di lavoro non si richiede il Super Green Pass.

In questo caso la motivazione per non imporre il nuovo Super Green Pass sarebbe che le persone non possono essere sanzionate. In questo modo si renderebbero economicamente incapienti, come si potrebbe dire, se si sottopongono quanto meno a dei test.

Ma sui luoghi di lavoro non sussiste un rischio per la salute?

Pare quindi anche in questo caso palesarsi una evidente differenza di trattamento normativo. Ciò realizza l’ennesima ingiustificata disparità di regolamentazione, e quindi ecco, ancora una volta, intervenire una probabile violazione dell’articolo 3 Cost.

Inoltre, a prescindere da aspetti più direttamente attinenti a questioni di costituzionalità, la circostanza, ormai pacificamente confermata, che anche le vaccinazioni non impediscono contagi e diffusione del virus, non comporta che tutto l’impianto della normativa risulti viziato? E non solo da palese incostituzionalità, ma anche da contraddizioni tali, da comportare quanto meno una mancanza di proporzionalità ed irrazionale formulazione delle norme nelle diverse situazioni di riferimento.

Il rilievo dello stato di emergenza

Tra i molteplici rilievi che, sotto il profilo tecnico-giuridico, si possono formulare, e senza alcuna pretesa di completezza, abbiamo volutamente omesso la questione dei diritti di libertà in materia sanitaria, tema già comunque oggetto di nostri precedenti interventi.

I pregressi rilievi, infatti, come si può notare, coinvolgono altri aspetti, di cui poco o nulla si parla.

A tale riguardo, concludendo sul tema “Aspetti normativi del nuovo decreto tra poteri di normazione primaria e rilievi costituzionali”, riteniamo non possa mancare un riferimento alla questione dello stato emergenziale.

Come osservato in precedenti occasioni, lo Stato emergenziale termina il 31 dicembre.

È in atto un vivace dibattito se sia legittimamente estensibile oltre tale termine. Ma nel caso non lo fosse, quale rilievo avrebbe tale circostanza sulla decretazione in materia di misure contro la pandemia?

L’attuale decreto dovrebbe avere un termine a metà gennaio, e già saremmo oltre l’attuale scadenza dello stato di emergenza, se non prorogato.

Fermi restando i rilievi, superiormente esposti, riteniamo non sia senza conseguenze sull’attuale decreto una mancata proroga dello stato di emergenza. Avrebbe efficacia anche nell’ambito di una fase temporale non ricompresa nello stato emergenziale.

I sacrifici dei diritti, collegati alla normativa emergenziale, non parrebbero infatti giustificati. Inoltre, la mancanza di una proroga dello stato emergenziale non potrebbe che riverberarsi negativamente anche sulla legittimità di una produzione normativa di rango primario da parte del Governo.

Un altro aspetto, quindi, che non potrebbe non avere probabili ripercussioni sulla normativa relativa alla pandemia.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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