ArcelorMittal: il gioco delle tre carte

Arcelor Mittal

ArcelorMittal sta giocando pesante sull’ex ILVA di Taranto.

La multinazionale di origine indiana con sede in Lussemburgo, ogni giorno sposta i target, ottenuti i quali manterrebbe lo stabilimento tarantino in produzione.

Dapprima una proroga dello scudo ambientale.

Dato per ottenuto quello, nonostante le divisioni interne al Governo, l’obbiettivo si è spostato sul taglio di 5000 posti di lavoro!

Così rimettendo per la seconda volta il cerino nelle mani del nostro esecutivo.

E il Governo ha praticamente calato le brache accettando tagli per 2000/2500 posti di lavoro.

Ma ugualmente il tavolo di lavoro col signor Mittal rimane fuori programma.

Si va alla terza carta (pretesto) o al recesso definitivo?

Un titolo azionario da acquistare

La cosa penosa di questa vicenda è che grazie a questa squallida manovra ArcelorMittal (MT) torna certamente tra i titoli da comprare in Borsa…

I mercati non ragionano mai sul piano sociale, agli operatori interessano solo i numeri, in particolare i margini di profitto.

Sarebbero i legislatori che dovrebbero cambiare la logica fiscale premiando chi crea e mantiene posti di lavoro e viceversa, invece si va semplicemente sugli utili come nel Medioevo.

Mr. Mittal tace

«Il signor Mittal non ha mandato segnali, non sono previsti vertici nelle prossime ore. Speriamo mercoledì…».

Un po’ abbacchiato il Presidente Conte non è ancora riuscito a fissare un faccia a faccia con l’imprenditore indiano

Di potenzialmente positivo c’è che la società franco-indiana ha rinviato per ora il deposito dell’atto di recesso.

Me se non si aprirà un vero tavolo di confronto e trattativa sarà stata soltanto una illusione.

Nel frattempo registriamo il cambio di mood del Ministro Gualtieri che da un no tassativo alla statalizzazione ora apre a questa possibilità.

Se si considera l’indotto sono 20.000 i posti di lavoro in ballo e non è certo il periodo in cui si potrebbe sperare, anche girovagando l’Italia, in meccanismi di ricollocamento.

Si andrebbe incontro a una devastante sacca di disoccupazione.

Privatizzazioni storia di un insuccesso

Le privatizzazioni tanto volute da tante parti politiche viste col senno di poi si sono rivelate mediamente un insuccesso.

Per lo Stato un chiaro esempio di come perdere soldi in Borsa, si intende in termini di mancati guadagni…

La perdita da parte dello stato di asset importanti in molti casi finiti ai privati che li hanno gestiti di male in peggio (Autostrade e TIM su tutti).

Titoli svenduti a prezzi irrisori, utili certi regalati a privati spesso finanziati dalle banche e perdita di asset di servizi essenziali che la maggior parte delle nazioni mantiene per sé.

Ragionando quindi, non tanto in base a timori atavici su tutto ciò che è pubblico ma, sui risultati di ciò che è stato privatizzato possiamo dire che non vi sono dubbi.

L’ex ILVA può e deve tranquillamente essere ripresa in mano dalla Stato.

ArcelorMittal avanza il piano B

E in effetti il nostro Governo da un lato si accinge ad avviare le procedure legali sulla base della convinzione che  «il recesso è infondato» dall’altro sta pianificando un possibile  piano “B”.

L’ipotesi allo studio prevedrebbe il ritorno della gestione dell’Ex Ilva ai commissari.

Soluzione provvisoria sostenuta anche da  un prestito ponte di 700-800 milioni.

Dopo di che verrebbe attivata nuova gara d’appalto con capofila Cassa depositi e prestiti (Cdp) e il gruppo di Leonardo Del Vecchio, già protagonisti della cordata Acciaitalia sconfitta nel 2018 proprio da ArcelorMittal.

Binomio cui pare sarebbero disposte ad affiancarsi anche Leonardo e Fincantieri.

Lo Stato potrebbe rimanere socio con una quota del 15%.

Come soluzione si può dire… niente male visto che il mix pubblico-privato può essere davvero l’ideale per il rilancio di questo fondamentale polo dell’acciaio.

Tanto che non sarebbe da escludere poi una IPO di ILVA che se ben rilanciata potrebbe fare faville in Borsa e in poco tempo divenire uno dei titoli da acquistare e inserire in tutti i portafogli.

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