Anche in Germania l’inflazione ha toccato massimi pluridecennali

banche centrali

La scorsa settimana, i dati sull’inflazione globale hanno dimostrato nuovamente come il fenomeno della recrudescenza dei prezzi che si sta osservando nei principali paesi sviluppati non sia né transitorio, né trascurabile. L’evidenza empirica sempre più robusta che abbiamo ormai a disposizione sull’aumento permanente dell’inflazione post-Covid è tale da confutare con un certo grado di ragionevolezza la teoria della “transitorietà” dell’aumento dei prezzi sostenuta dalle principali Banche centrali sin dalla scorsa primavera, quando il fenomeno inflativo ha cominciato a manifestarsi.

Negli Stati Uniti, i prezzi al consumo sono saliti a novembre del +6,8% su base annua, in aumento dal +6,2% e al massimo livello dal 1982. Ben trentanove anni fa. La variazione mensile è stata del +0,8%. Persino l’inflazione “core”, ovvero quella depurata delle componenti più volatili dei prezzi, è cresciuta dal +4,6% di ottobre al +4,9% di novembre, dimostrando così come anche la narrativa della Federal Reserve, secondo la quale l’inflazione sarebbe legata soprattutto all’aumento dell’energia, sia del tutto falsa.

Anche in Germania l’inflazione ha toccato massimi pluridecennali. L’aumento dei prezzi si è attestato, infatti, al +5,2% su base annuale, a novembre, in salita rispetto al +4,5% di ottobre. Un aumento significativo, anche se, su base mensile, i prezzi al consumo sono diminuiti del -0,2%. La recrudescenza inflazionistica che si sta verificando in Germania rischia già di creare attriti all’interno del neonato governo di Olaf Scholz, considerato nel panorama europeo una colomba, almeno sul lato delle politiche di controllo dei conti pubblici, distante dalle posizioni più ortodosse di Christian Lindner, leader del partito Liberale e neo ministro federale, non a caso, delle Finanze. Se i prezzi dovessero continuare a salire, lo scontro tra i due leader di coalizione potrebbe subito farsi molto acceso. Come è noto, infatti, il popolo tedesco non è storicamente molto benevolente nei confronti dell’inflazione.

Anche in Germania l’inflazione ha toccato massimi pluridecennali

Per quanto riguarda le Banche centrali, infine, il dilemma si pone su come restringere la stance di politica monetaria senza correre il rischio che questa stretta possa frenare la ripresa economica in corso. Ma le soluzioni, da questo punto di vista, sono quasi obbligate: occorre rallentare notevolmente i programmi d’acquisto dei titoli di stato (noti come Quantitative Easing e declinati in acronimi vari) e aumentare i tassi d’interesse, prima di quanto annunciato. Sono, queste, politiche certamente impopolari ma necessarie. Anche perché, le banche centrali sono istituzioni indipendenti dalla politica e hanno, lo ricordiamo. l’obiettivo di assicurare la stabilità dei prezzi, una condizione necessaria per il funzionamento corretto di qualsiasi economia di libero mercato, non quello di ricercare consenso popolare.

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