America in chiaroscuro: disoccupazione ai minimi, frenata dell’immobiliare

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Prosegue l’altalena di dati macro-economici americani contrastanti. Certo, la disoccupazione ai minimi è sempre una base importante: con le richieste iniziali di disoccupazione a 210k contro attese a 215k e quelle continue a 1727k contro 1731k del consensus. Dati così in Italia ce li sogniamo …
Però poi fanno specie i dati sulle vendite di abitazioni usciti a 627K contro 643k attesi e indici dei direttori degli acquisti che sia nel terziario che nei servizi sono usciti inferiori alle aspettative degli analisti.

Pare proprio che la miscela dei dati macro voglia in qualche modo contrastare l’intenzione della FED che dalle minute risulta voler entrare pesantemente sul fronte dei tassi con un rialzo significativo. E questo nonostante il parere contrario del Presidente Trump che ha chiaramente annunciato il suo sfavore a questa impostazione restrittiva sul fronte monetario.

Visione restrittiva che il Tycoon americano sta portando avanti con decisione invece sul fronte dei dazi. L’impressione è che una simile battaglia tra paesi che si esportano/importano vicendevolmente grandi quantità di beni possa alla lunga risultare senza vinti ne vincitori anche se stiamo completando una ricerca sui flussi paese/paese di cui vi daremo conto appena terminata.

Nel frattempo si nota però che le borse non stanno apprezzando molto questo tiramolla e il terzo, sia pure marginale, calo giornaliero consecutivo va certamente ascritto più alla guerra doganale di frontiera che non a dati macro tutto sommato promettenti.
Molte aziende esportatrici infatti temono di vedere i propri prodotti destinati al mercato cinese e non solo fortemente penalizzati dalla ritorsione annunciata da Pechino così come le aziende importatrici in particolare della grande distribuzione vedranno drasticamente ridotti i margini di guadagno proprio per i dazi che Trump ha annunciato su migliaia di prodotti.
Forse più che scatenarsi su meccanismi destinati a creare vari scompensi in una molteplicità di aziende potrebbe essere più produttivo imporre alle società cinesi maggiori garanzie a tutela dei lavoratori, specie se minori, migliori controlli sui prodotti falsificati e non ultimo un più severo monitoraggio dei materiali utilizzati per arrivare sul mercato a prezzi tanto stracciati e di conseguenza competitivi.
E’ inutile sentire le autorità internazionali ed i media paventare che i prodotti cinesi derivino da sfruttamento minorile ed utilizzo di materiali tossici se poi si interviene banalmente sui dazi senza preoccuparsi di ottenere quelle verifiche a monte che migliorando la qualità di vita dei lavoratori e la scelta delle materie prime utilizzate automaticamente renderebbero la forbice dei prezzi più ridotta , la competizione più sana e soprattutto la filiera produttiva più a misura d’uomo, sia per i lavoratori che per i consumatori finali che spesso, per risparmiare, dimenticano di verificare anche le minime norme di sicurezza dei prodotti acquistati.

Gianluca Braguzzi
CFI Asset Management and Organization WIAM

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