Allarme utili: Unicredit potrebbe essere la prima di una lunga serie?

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Probabilmente era nell’aria e mancava solo che qualche istituto rompesse il ghiaccio. Ci ha pensato un colosso bancario italiano a lanciare il primo allarme utili: Unicredit potrebbe essere la prima di una lunga serie? La domanda è molto di più di una semplice curiosità, perché influenzerà il bilancio di molte società di settore e – di riflesso – Piazza Affari nel suo complesso.

Cos’è il profit warning?

“Allarme utili” è la traduzione letterale di un’altra espressione molto usata nel gergo borsistico: “profit warning”. Probabilmente, delle due, a rendere meglio l’idea di cosa si tratti nel concreto è la traduzione italiana. In soldoni, il profiti warning viene lanciato al mercato da una società per annunciare attese sui profitti inferiori alle originarie aspettative formulate dagli analisti. E in genere la reazione del mercato è sempre violenta quando una società delude tali aspettative. Questo però non è avvenuto oggi con Ucg, che al momento scambia a circa €6,62, a 0,8%.

L’annuncio di Unicredit

Nelle ultime ore infatti UniCredit aveva comunicato al mercato che contabilizzerà €900 mln di rettifiche in più per questo 1° semestre 2020. Nella sostanza il dispaccio equivale a un profit warning a due mesi circa dalla crisi economica. Il motivo? Sempre lui, il Covid-19 che ha scombussolato lo scenario economico nazionale e non. Ancora: sarà la sola ad aver lanciato l’allarme utili, Unicredit potrebbe essere la prima di una lunga serie? Probabilmente sì, per tutto un insieme di motivi. Vediamoli.

Spread, debito pubblico, recessione e prestiti per tutti

Le banche italiane sono oggi nel bel mezzo di una tempesta perfetta. Sono tutti lì in coda allo sportello a chiedere soldi. Stiamo parlando di chi ha fatto la domanda per i prestiti garantiti (tipo i prestiti fono a €25.000) e attende, più che la risposta, soldi liquidi. Garantiti, sì, dallo Stato, ma intanto anticipati da loro. A proposito di Stato: ovvio che una parte delle future emissioni di debito saranno sottoscritte dagli istituti. E la solidità del loro debitore sarà garanzia di quei bond ancranno a comprare. Ancora: lo spread sale, tanto, e in tal modo erodendo i prezzi di carico dei titoli di Stato, che sono in larga parte detenuti dalle banche. Questo non è un bene per loro giacché esse utilizzano spesso questi titoli di Stato come garanzia collaterale per avere i finanziamenti di danaro di cui necessitano. Inoltre, sia pure in piccola parte considerato che il loro capitale proprio oltrepassa i requisiti minimi chiesti dalla BCE, va a limare (al ribasso) i loro coefficienti patrimoniali. Infine, ma non per questo meno importante degli altri punti, c’è da ricordare che la recessione economica in vista. La quale, c’è da scommettere, porterà loro in dote tra qualche mese una quota di crediti incagliati. Tombola.

I grafici di Borsa

Come scriviamo da un pò di tempo su queste pagine la situazione grafica delle banche italiane è preoccupante. Ovvero non sono da escludere a priori ancora altre  possibilità di avere ulteriori ribassi del 30%-40% (e nei casi estremi anche del 50%) dei relativi titoli. Per il momento gli unici dati certi ruotano attorno al fatto che l’indice di settore ha perso circa il 40/45% rispetto al 1° gennaio 2020. Tanta roba. riusciranno perlomeno a recuperare terreno? Difficile dirlo: il sentiero è lastricato di parecchie mine vaganti.

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