3 errori del risparmiatore tipo e degli addetti ai lavori durante questa crisi dei mercati

Come investire sui mercati

Quali sono stati  i 3 errori del risparmiatore tipo e degli addetti ai lavori durante questa crisi dei mercati?

Il risparmiatore tipo e un qualunque addetto ai lavori, che sia un gestore o un consulente d’investimento, sono due “animali strani”. Sembrano diversi, tanto diversi, ma non lo sono. E sapete perché? Perché entrambi sono umani, e presentano tutte le caratteristiche psicologiche tipiche della nostra specie. Soprattutto nei momenti di stress, quando gli errori sono (logicamente) più comuni.

E’ dimostrato empiricamente (e facilmente comprensibile) come, sotto stress, le naturali risposte di un individuo siano più fallaci della media. Per resistere alla tensione, per agire correttamente sotto pressione, si devono effettuare corsi, si deve dimostrare una predisposizione, si deve, insomma, essere allenati e preparati. Solo così si potrà dare il meglio di sé anche in periodi di crisi. Come questo.

Perché una cosa le crisi dimostrano: senza adeguata preparazione, un uomo (o donna, non facciamo distinzioni, chiaramente), è solo quello. Un membro della specie umana con le sue paure, i suoi timori (atavici ed ormai codificati nell’istinto), e le sue reazioni. Che sono state utilissime durante l’evoluzione della specie umana, ma che la società moderna ha (inevitabilmente) sopito con le sue comodità ed i suoi lussi.

Questa crisi ha quindi evidenziato, in ambito finanziario, il ripresentarsi di molti errori comportamentali. Ne mettiamo in luce tre tra i peggiori (ma ce ne sono altri), che fanno sia gli investitori comuni che i professionisti del risparmio (chiaramente meno, perché sono più acculturati ed addestrati, essendo il loro lavoro consigliare).

3 errori del risparmiatore tipo e degli addetti ai lavori durante questa crisi dei mercati

 

  1. Percezione del rischio, propensione al rischio. Sono parecchio soggettivi e influenzati da molti fattori. Tra questi, spiccano le caratteristiche socio-demografiche (genere, età, livello d’istruzione, stato di famiglia, ecc.) e  alcuni tratti personali dell’investitore (ottimismo, la fiducia nelle proprie capacità di compiere buone scelte di investimento, ecc.). Contano molto anche le conoscenze finanziarie (in Italia tra le più scarse d’Europa, a livello del risparmiatore medio) e l’esito di decisioni precedenti. Se si è appena fatta una scelta giusta, la propensione a rischiare sarà maggiore (magari sbagliando), così come si sarà più prudenti se si è appena presa una decisione che si è appena rivelata sbagliata (e magari bisognerebbe osare).
  2. Istinto, scorciatoie di pensiero. L’evoluzione ci ha “cablato” per utilizzare regole intuitive per risolvere problemi di scelta molto complessi. Si chiamano euristiche, e sono “scorciatoie” mentali che semplificano un problema agevolando la decisione. Le sappiamo utilizzare noi, gli scimpanzé, i delfini e i pappagalli kea della Nuova Zelanda. Utilizzare questo pensiero, che è istintivo, ci porta a cercare soluzioni rapide (retaggio di quando eravamo cacciatori-raccoglitori) ma, spesso, che non sono le migliori. In realtà, le scorciatoie conducono spesso a commettere errori, perché non fanno valutare bene tutte le possibilità.
  3. Ottimismo, eccessiva confidenza. Forse il peggiore bias cognitivo in finanza. Alcuni individui tendono a formulare previsioni sistematicamente distorte verso scenari positivi. Si fanno traviare dal fatto di voler essere troppo ottimisti e di fidarsi troppo delle proprie capacità di valutazione (anche e soprattutto se culturalmente non le hanno, il famoso effetto Dunning-Kruger). Il risultato, catastrofico, è la sottoscrizione di investimenti ad alto rischio anche quando si è fortemente avversi alle perdite.

Adesso che avete letto la descrizione di questi bias starete pensando “io non li ho, fortunatamente”. Beh, congratulazioni: li avete tutti.

Consigliati per te