1,4 trilioni di euro di credit crunch

BCE

1,4 trilioni di euro. A tanto ammonterebbe la dimensione del credit crunch che attende il settore bancario dell’Eurozona alla scadenza delle moratorie sui pagamenti delle imprese concesse dai governi dell’eurozona per far fronte alla pesantissima crisi di liquidità che ha investito le imprese stesse per effetto dello scoppio della crisi pandemica. 1,4 trilioni di euro, cifra monstre che equivarrebbe ai crediti non esigibili (NPLs) accumulati dalle principali banche dell’area euro durante gli ultimi mesi e che gli stessi istituti di credito non avrebbero, secondo la Banca Centrale Europea, correttamente contabilizzato nei loro bilanci, più o meno consapevolmente.

1,4 trilioni di euro di credit crunch

Un credit crunch di dimensioni talmente elevate da far preoccupare la divisione Vigilanza dell’istituto di Francoforte, che, secondo numerose fonti di stampa, si sarebbe già premurata di contattare i principali istituti di credito europei per ricordare loro di continuare a contabilizzare i crediti non esigibili secondo le vecchie regole, che non sono state sospese con la crisi, come qualcuno avrebbe voluto. Certamente, la questione è di fondamentale importanza per il futuro economico e finanziario del Vecchio Continente. Il rischio reale di avere le banche piene di crediti da smaltire, con bilanci appesantiti da questi, nell’esatto momento in cui ci sarebbe, invece, bisogno di avere istituzioni creditizie sane, in grado di erogare denaro per la ripresa delle imprese, è senza dubbio molto elevato.

Anche perché, è stata la stessa BCE che si è adoperata in prima persona nel tentativo di fornire maggiore liquidità a costo zero alle banche, attraverso le aste LTRO. Denaro che, almeno nelle intenzioni di Francoforte, avrebbe dovuto confluire all’economia reale e che, invece, rischia di rimanere nella pancia delle banche, considerando che le imprese, nel frattempo, hanno visto un peggioramento dei loro meriti creditori e che l’erogazione del credito a queste ultime rischierebbe di creare un loop pericoloso tra banche e società.

Questione NPL

Sulla questione degli NPL, la BCE ha cercato di rendere più restrittive le norme vigenti, nella consapevolezza che crediti inesigibili significassero bilanci poco veritieri. Un atteggiamento che ha portato anche l’unità di vigilanza di Francoforte, in precedenza guidata dalla francese Danielle Nouy, a scontrarsi con l’ex presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani e, sembra, anche con l’allora governatore Mario Draghi. Per gli italiani il tentativo francese era quello di far fuori le banche italiane, le più esposte alla problematica NPL, in maniera da renderle contendibili sul mercato internazionale. Per i falchi dell’Eurozona, semplicemente una norma dovuta per evitare una eccessiva concentrazione del rischio nelle banche più tradizionali, evitando altri casi Deutsche Bank.

In ogni caso, il credit crunch rischia ora di arrivare nell’esatto momento in cui il trend dello stock di NPL era in discesa. Certamente, se questo shock dovesse essere confermato, il 2021 potrebbe essere un altro anno nero sui mercati finanziari per l’azionario bancario e, di riflesso, per il mercato azionario nel suo complesso.

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