Vale ancora il Gold Standard?

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VALE ANCORA OGGI IL GOLD STANDARD?

Intervista a Gian Piero Turletti

Ideatore metodo Magic box in 7 passi

 

Come nasce questa intervista ed a quale problematica vuole rispondere?

Con questa intervista rispondo ad alcuni dubbi che nel tempo mi sono stati comunicati, da parte di amici, di investitori e di traders di medio/lungo che, sulla base di studi loro o acquisiti da altre fonti, hanno espresso una questione di indubbio interesse, per chi voglia dedicarsi in particolare ai rapporti tra metalli preziosi e monete/valute.

In particolare ci si domanda se, anche dopo la fine formale del gold exchange standard, dopo il 1971, ad opera del governo Nixon, si possano ancora usare alcuni modelli econometrici per definire situazioni di sotto/sopravalutazione della moneta rispetto ai metalli preziosi e viceversa.

Può spiegare sinteticamente e semplicemente la questione, di indubbio interesse anche per i nostri lettori?

Mi scuso, preliminarmente, se uso talune imprecisione tecniche, ma solo al fine di rendere la comprensione della questione più semplice.

Nei sistemi in cui la moneta è convertibile in metallo pregiato, oro ad esempio, una diminuzione/aumento della moneta in circolazione o del metallo, provoca, chiaramente, un incremento/decremento di valore della moneta.

A parità di moneta circolante, è infatti evidente che un aumento delle riserve auree, provocherà un incremento di valore della moneta, dato che il valore della moneta è dato dal quantitativo delle riserve auree.

Ma se, invece, le riserve diminuiscono, ovviamente quel quantitativo di moneta corrisponde ad un minor valore, cosa che si verifica anche nel caso di incremento della quantità di moneta in circolazione.

Anzi, se il sistema adottato prevede una convertibilità fissa, cioè sempre la stessa quantità di moneta per la stessa quantità di oro, in caso di incremento della quantità di moneta emessa, è evidente che sarà necessario incrementare di una pari quantità di oro le riserve, diversamente il sistema rischia di divenire insolvente.

E’ quanto verificatosi negli USA con l’incremento delle spese di guerra.

Pur in regime di gold standard, il governo USA fu costretto, per far fronte alle spese di guerra, a emettere molta moneta, in assenza di un pari incremento di riserve auree.

Ad un certo punto, il sistema non poteva più reggere, non essendovi più riserve auree sufficienti a convertire tutta la moneta circolanete, e per questo si decretò la fine degli accordi di Bretton Woods, che avevano creato il gold exchange standard.

Gli scambi tra monete divennero liberi, non più soggetti a scambi fissi, ed al tempo stesso il dollaro non fu più convertibile in oro.

E tutto questo cos’ha a che vedere con eventuali modelli econometrici, di cui lei parlava dianzi?

Tra i vari modelli econometrici, alcuni fanno riferimento al concetto di forza relativa. Si tratta di considerare un ratio, o rapporto, dato dalla relazione tra due elementi, tra cui, ad esempio, proprio il rapporto tra denaro circolante e riserve auree, quindi per gli USA tra dollari emessi dalla FED in un certo periodo e riserve auree possedute.

Di qui la possibilità, secondo taluni, di poter continuare a considerare il rapporto tra moneta ed oro come ai tempi del gold standard.

Quando le riserve aure diminuiscono troppo, rispetto alla moneta circolante, o questa cresce troppo rispetto all’oro, il metallo sarebbe sotto quotato, e pronto a fasi di ripresa rialzista, e viceversa per la moneta.

Situazione opposta si verificherebbe in caso di diminuzione delle riserve, o politica monetaria restrittiva, quando la banca centrale vende titoli di stato ed incorpora moneta.

Mettendo su un grafico il rapporto, si tratterebbe di avere a disposizione un indicatore che consente di definire i relativi rapporti di sopra/sotto valutazione dei cicli di oro/moneta.

Lei cosa ne pensa?

Sinceramente, avrei diverse critiche da esprimere a questa costruzione, come infatti già espresse, privatamente, a coloro che mi hanno sottoposto la questione.

Principalmente, le critiche che rivolgo al modello sono le seguenti:

assenza di significato economico

mancanza di indicazioni valide in termini di operatività

mancanza di indicazioni valide anche per l’investitore.

Vediamole nell’ordine:

assenza di significato economico.

Oggi il valore della moneta non è più dato dall’oro, in quanto è dato praticamente dalla forza economica di un paese.

Dal controvalore di beni e prodotti in un’economia.

Se anche un paese diminuisse le proprie riserve auree, ma incrementasse la produzione di beni e servizi, non è affatto escluso che possa avere una moneta più forte, sui mercati valutari, di un paese dotato di incremento di riserve auree.

Peraltro, anche il venir meno di sistemi di gold standard, potrebbe implicare una possibile modifica delle normative relative ai dati che le banche centrali dovrebbero pubblicare.

Può anche darsi che un domani le banche centrali non pubblichino più dati ufficiali, relativi alle riserve aurifere, e quindi, da dove si acquisirebbero i dati per costruire il famoso ratio?

Ma veniamo alla mancanza di indicazioni valide in termini di operatività.

Va infatti chiarito che come indicatore macroeconomico, non è certo adatto per quelle indicazioni di breve e medio termine, che sono poi quelle che servono al trader.

Veniamo quindi all’ultima critica: l’indicatore non vale almeno in ottica di analisi fondamentale?

Direi di no, intanto perché, ripeto, non è detto che sempre siano disponibili i dati relativi alla sua costruzione.

Inoltre va considerato che più ci si allontana nel tempo dai sistemi gold standard, minore è l’impatto delle variabili che avevano ragion d’essere in quei regimi economici.

Se ne ricava uno di quegli indicatori dove i valori di sopravvalutazione e sottovalutazione sono storici e relativi, cioè il sistema indica valori che non indicano necessariamente sopra o sottovalutazione, tanto che a fronte di determinati valori di potenziale minimo/massimo non è detto che il trend in corso si inverta.

In sostanza, si tratta di quei rapporti macroeconomici che vanno valutati sulla base di medie storiche, con tutti i problemi che ne derivano, e che sono legati a concezioni contingenti e non sempre valide.

 

 

 

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