Tassi negativi, modello FED e prospettive Dax

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A CURA DI GIAN PIERO TURLETTI

AUTORE DI

MAGIC BOX

PLT

Negli ultimi tempi l’attenzione di molti analisti si è concentrata sugli effetti dei tassi negativi, dalle decisioni di diverse banche di fornirsi di forzieri per la liquidità, agli effetti sui modelli econometrici.

Secondo taluni, in caso di tassi negativi, non si potrebbero applicare modelli di valutazione del fair value, in cui sia essenziale la componente tassi, appunto come il fed model.

Il motivo sarebbe che non è possibile effettuare operazioni di divisione con tassi negativi, perché il risultato sarebbe negativo.

Il che, ovviamente, risulta contraddittorio con l’evidenza che tassi minori comportano, solitamente, incrementi degli strumenti finanziari, come azioni e bond.

I modelli che implicano l’utilizzo di tassi al denominatore, come appunto il fed model, si possono invece usare anche con tassi negativi.

In questi casi, non bisogna dividere l’utile per azione per il tasso, ma avvalersi del ratio simmetrico al p/e, cioè l’utile prezzo.

Dividendo cioè l’utile per azione medio di un indice, come risulta dal consensus medio di un panel di analisti, si ottiene il tasso di riferimento al quale l’attuale quotazione è corretta.

Il tasso di riferimento è sempre quello dei bond decennali.

Un esempio chiarirà il tutto.

Consideriamo l’indice Dax.

In base alle stime di consensus al 30 giugno (a breve dovremmo conoscere quelle relative al 30 settembre), alla chiusura di ieri il Dax aveva un rapporto utile/prezzo pari a 4,49 per cento.

Questo significa che il prezzo, alla chiusura di ieri, rappresenta un fair value fin tanto che il tasso sul titolo di stato decennale sia pari al 4,49 per cento, mentre per tassi inferiori ovviamente la quotazione è a sconto, e sarebbe a premio con tassi superiori.

Ovviamente, nel caso di una ripresa dei tassi i mercati virerebbero al ribasso, ma le mani forti si accorgerebbero, dopo un po’, della sottovalutazione, per quanto riguarda il Dax sino ad un fair value pari alla chiusura di ieri, sino a che il bund decennale non raggiungesse un rendimento pari al 4,49 per cento.

Evidenziati, quindi, alcuni chiarimenti sugli aspetti di analisi fondamentali, passiamo ad un’analisi tecnica di lungo termine con PLT.

Nell’estate 2015 era intervenuto un segnale di potenziale alert ribassista, mai ad oggi seguito da un segnale di confermata inversione al ribasso.

E’ interessante notare come fondamentali livelli, individuati dal metodo, abbiano fatto da resistenza e supporto negli ultimi mesi.

In particolare tra luglio e settembre abbiamo assistito ad un movimento rialzista, di cui il minimo si colloca sul supporto ed il massimo sulla resistenza.

Una confermata chiusura mensile sopra la resistenza archivierà definitivamente ipotesi laterali o ribassiste, mentre una chiusura sotto il supporto darà la stura ad un movimento ribassista di lungo.

 

 

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