Italia: produzione industriale a picco

ProiezionidiBorsa

di Elvira Pollina e Valentina Consiglio

ROMA/MILANO (Reuters) – Inizio d’anno all’insegna di una debolezza più marcata delle attese per la produzione industriale italiana, che a gennaio si è contratta dopo un semestre particolarmente brillante, portando in primo piano una serie di incognite che pendono sulla consistenza delle prospettive positive del settore per il 2017.

Nel dettaglio, secondo i dati preliminari forniti stamane da Istat, a gennaio la produzione si è contratta di 2,3% su base mensile dopo l’incremento di 1,4% segnato a dicembre.

Si tratta dal calo peggiore da 5 anni che interrompe bruscamente la striscia di dati mensili positivi che durava da settembre. La mediana delle attese degli economisti interpellati da Reuters in un sondaggio prospettava una discesa di 0,8%.

“L’ingresso nel trimestre è stato davvero molto debole, e questo riduce la possibilità di vedere una prosecuzione del ritmo di crescita osservato nell’ultima parte dell’anno scorso”, sottolinea Loredana Federico, economista di UniCredit.

A perimetro annuo la produzione si è contratta di 0,5% dopo il balzo di 6,8% segnato a dicembre, rivisto da +6,6% indicato inizialmente. Il consensus convergeva su un rallentamento a +3,3%.

La dinamica trimestrale resta positiva ma s’indebolisce: tra novembre e gennaio la produzione resta in crescita di 0,5% ma nel terzo e nel quarto trimestre la produzione industriale ha segnato rispettivamente incrementi di 1,2% e 1,1%.

Nella media del 2016 la produzione industriale ha segnato una crescita di 1,6% dopo 1,1% del 2015.

Secondo Federico le prospettive restano positive, soprattutto alla luce dei segnali di accelerazione della domanda estera.

Del resto, le indagini congiunturali relative all’attività del settore manifatturiero italiano hanno mostrato solo una marginale decelerazione del ritmo di crescita in gennaio [nL5N1FL4WR], seguita da un balzo al massimo da oltre un anno a febbraio [nL5N1GD7DE].

Nella lettura del deato non va dimenticata anche la volatlità legata ai giorni lavorativi. In particolare — nota Paolo Mameli, economista di Intesa Sanpaolo- la distribuzione delle festività ha giocato in senso favorevole a dicembre (molti giorni festivi e semifestivi sono caduti nel fine settimana) e in senso opposto a gennaio, che ha visto molte imprese riprendere l’attività solo il 9, più tardi del solito.

“In tal senso, se già ci aspettavamo un rimbalzo a febbraio, esso potrebbe essere anche più marcato di quanto atteso in precedenza ovvero di entità comparabile alla flessione vista a gennaio”, ragiona Mameli.

REBUS INVESTIMENTI

Tornando ai dati odierni e osservando allo spaccato per comparti, l’unica variazione congiunturale positiva è quella dell’energia (+3,1%); diminuiscono invece i beni strumentali (-5,3%), i beni intermedi (-3,4%) e i beni di consumo (-1,6%).

“L’elemento di maggiore negatività è la dinamica dei beni strumentali, visto che per quest’anno ci si aspetta che, nell’ambito della domanda interna, gli investimenti si sostituiscano ai consumi delle famiglie, e da lì arrivi un contributo positivo al Pil”, sintetizza Paolo Pizzoli, economista di Ing.

“Le condizioni perchè ciò avvenga ci sono e stiamo parlando di un solo dato, ma va detto che non è particolarmente incoraggiante”, prosegue.

Pizzoli, Federico e Mameli confermano la proiezione di una crescita del Pil di 0,2% nel primo trimestre. “Di certo, dopo il dato odierno non vedo più rischi di sorprese verso l’alto”, chiosa Pizzoli. Il governo e i principali previsori privati ed istituzionali si aspettano che l’economia cresca quest’anno di 1%, sostanzialmente replicando la perfomance del 2016.

Per quanto riguarda la produzione industriale, allargando lo sguardo alle altre principali economie della zona euro, l’industria tedesca ha registrato un incremento congiunturale di 2,8%, quella francese una flessione di 0,5%. Domani 14 marzo Eurostat renderà noto il dato relativo all’intera zona euro. Il consensus converge su rimbalzo congiunturale di 1,3% dopo -1,6% di dicembre.

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