Grexit: scenari e prospettive tra referendum e nuove elezioni di Gian Piero Turletti

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GREXIT?

SCENARI E PROSPETTIVE TRA REFERENDUM E NUOVE ELEZIONI.

Cosa c’è di vero e di inventato nella questione greca.

A cura di Gian Piero Turletti Staff di Proiezionidiborsa

Autore metodo Magic box in 7 passi

Lei pensa veramente che ci sia un qualcosa di inventato nella questione greca, qualcosa che riconduce più ad una rappresentazione, che ad una realtà effettiva?

In realtà, da quando sono iniziati questi incontri, che la stampa definisce trattative, più d’un elemento mi ha fatto sorgere qualche serio dubbio sulla reale consistenza di questi incontri.

Ma procediamo con ordine.

Innanzi tutto, a me pare evidente che in una trattativa reale vi siano almeno due parti che cercano di raggiungere un accordo, facendosi reciproche concessioni. Anzi, essendo sin dall’inizio disponibili a reciproche concessioni.

Diversamente, cioè in caso di mancata disponibilità a concessioni a favore della controparte, non si capisce cosa sperino di ricavare da un qualsiasi tipo di trattativa.

In questo caso, invece, le concessioni sono state più formali, che reali, o meglio, si sono fatte quelle concessioni, che a priori già si sapeva che la controparte non poteva considerare sufficienti, e che quindi ben difficilmente avrebbe accettato.

Si è messa quindi in scena, a mio avviso, una sorta di rappresentazione politica,

mediatica, tanto per far vedere che si faceva qualcosa, o si cercava di ottenere qualcosa, anche se si dava per scontato o quasi certo che la controparte non avrebbe accettato la propria piattaforma.

Da parte dei greci, con riferimento a clausole e condizioni che non avrebbero trovato l’accoglimento dei creditori internazionali, e da parte di questi ultimi chiedendo misure con effetto ancor più recessivo sull’economia greca, e politicamente non recepibili, sulla base del mandato ricevuto da Tsipras.

Per non parlare, poi, di queste continue news di viaggi dalla Grecia e relativi ritorni, come se in caso di urgenza non fosse possibile, invece, avviare forme di teleconferenza.

In una multinazionale gli incontri al vertice si fanno una tantum, la maggior parte delle volte si ricorre alla teleconferenza.

Non si vede perché in questo caso gli enti interessati dovrebbero fare diversamente, anzi, forse si capisce anche troppo bene.

Il fatto è che si voleva dare una rappresentazione delle cose, per cui Tsipras e Varoufakis emergessero come nuovi eroi di una sorta di neo epopea omerica, che vanno quasi a lottare contri gli invasori stranieri.

Solo che questa rappresentazione mediatica non corrisponde alla realtà.

Lei, tra i diversi analisti che si sono pronunciati sulla questione, ha sempre sottolineato il particolare ruolo dei condizionamenti politici, ed ora questi emergono in tutta la loro valenza.

Cosa può dirci al riguardo?

Credo che questi abbiano avuto sinora un ruolo determinante e continuino ad averlo.

Se si sono intavolate trattative con un ruolo prevalentemente mediatico, e senza base reale effettiva, è proprio perché Tsipras e Varoufakis non hanno ricevuto un mandato da non si sa chi, ma sulla base di precise regole politiche e costituzionali.

Ed anche in considerazione di queste, pare che vi sia l’ennesima rappresentazione mediatica.

A cosa si riferisce?

In questi ultimi giorni non si fa altro che parlare di referendum, peccato che non credo si possa svolgere.

Intanto perché, organizzativamente, credo i tempi siano troppo ristretti, per aver tutto pronto per il 5 luglio. Per non parlare della mancanza di tempo per un dibattito serio sul tema.

Ma poi occorre dare un’occhiata alla costituzione, e ricordare che in Grecia, come, del resto, anche in Italia, il referendum non può riguardare materie fiscali.

Deve quindi essere preventivamente ammesso, e come in Italia non verrebbe autorizzato un referendum in materia tributaria, credo che sia quasi parimenti impossibile che lo si consenta in Grecia, visto che alcuni punti dell’accordo riguardano appunto temi tributari.

Mi pare quindi più una boutade politica, che altro.

Va peraltro considerato anche il possibile esito del quesito referendario.

Secondo le ultime stime di voto, circa un 57 % dell’elettorato si esprimerebbe per l’accettazione degli accordi internazionali, e questo aprirebbe ulteriori, nuovi scenari.

In questo caso verrebbe chiaramente contraddetta tutta l’opera di Tsipras e Varoufakis, almeno apparentemente volta a difendere la base programmatica oltranzista di Syriza.

Anzi, si aprirebbero spazi per nuove elezioni, con la probabile affermazione del partito di centrodestra ora all’opposizione, Neo Democratia, o, come diremmo noi in Italia traducendo dal greco, Nuova democrazia.

Ma non sarebbe un controsenso un’affermazione del centro destra, dopo la precedente vittoria di Syriza, che in italiano significa, appunto, Sinistra?

Non direi, perché il motivo per cui aveva vinto Syriza riconduce non semplicemente all’intento di dire no a quelli considerati diktat europei, ma anche a quello di ottenere comunque di continuare ad essere finanziati, pur senza concedere significative misure economiche.

In altri termini, chi ha votato Syriza non aveva semplicemente intenzione di uscire dall’eurozona o di far dichiarare default alla Grecia, ma di continuare in una sorta di concessione di fiducia da parte europea, in modo che si continuassero a sostenere le finanze pubbliche elleniche indefinitamente.

Ma questo intento è fallito, evidentemente.

E quindi si apre una prospettiva diversa, quella di chi, a questo punto, ritiene, probabilmente, preferibile scendere ad un maggior livello di compromesso, senza grexit.

La prova del 9 è appunto quel 57% di elettori che voterebbero si ad un eventuale referendum, mentre è invece evidente che, se prevalesse la piattaforma radicale di Syriza, dovrebbe ancora una volta prevalere il no.

 

L’italia quanto è esposta verso la Grecia?

Circolano diverse cifre a tale riguardo.

Con riferimento ad una delle fonti più attendibili (Bloomberg citato dal Sole 24 ore) possiamo ricordare che “L’Italia è esposta verso la Grecia per circa 40 miliardi di euro, se si considerano i prestiti bilaterali e le quote di partecipazione nel fondo salva-stati Esm, nella Bce e nell’Fmi. Lo calcola Bloomberg secondo cui, davanti al nostro Paese ci sono solo Germania (60 miliardi) e Francia (46 miliardi).

I 322 miliardi di debiti della Grecia, secondo i dati del Ministero delle Finanze greco resi pubblici alla fine del terzo trimestre 2014, sono solo per il 17% in capo a soggetti privati. Il 62% è in capo ai governi dell’Eurozona, il 10% all’Fmi e l’8% alla Bce mentre il restante 3% è custodito nella Banca centrale greca.”

Fonte Il sole 24 ore.

E quindi il default della Grecia significherebbe profonda crisi dei creditori?

Non è detto. Un default significa solo che non vengono rispettati i termini degli accordi originali, poi bisogna vedere cosa succede.

Ad esempio sono ipotizzabili varie opzioni, non ultima quella che vede coinvolto il sistema greco in una nuova prospettiva internazionale, ad esempio insieme ai paesi Brics, in un nuovo sistema monetario, e non è quindi esclusa una conversione di tutti o parte degli attuali debiti nella nuova prospettiva monetaria. Immaginiamo, ad esempio, il progetto di creazione di un sistema di scambi internazionali dei paesi brics, cui potrebbe aggiungersi la Grecia, basato su una moneta o valuta che abbia come collaterale l’oro. Credo che un creditore preferirebbe avere appunto crediti denominati in tale moneta, piuttosto che in euro, il quale, lo ricordo, non ha come collaterale l’oro o altri metalli pregiati. In base a qualche accordo strategico che spostasse l’asse greco verso est, la prospettiva non sarebbe priva di fondamento.

Ma le ripercussioni su mercati, e sul nostro sistema economico?

Intanto, il default non implica necessariamente la Grexit. E se anche questo dovesse verificarsi, non dobbiamo dimenticare che a livello internazionale sono stati istituiti diversi meccanismi per raffreddare eventuali fronti di crisi, e tali da comportare di limitare gli eventuali effetti di particolari crisi, come il fondo salva stati. Sicuramente si ballerebbe un po’, ma poi tutto tornerebbe alla normalità statistica, e dopo un certo tempo, molti si morderebbero, probabilmente, le mani per non aver approfittato di una significativa opportunità di acquisto.

Penso, ad esempio, all’ipotesi di titoli di stato italiani sotto il nominale.

Comunque a mio avviso il ballo finirebbe, e tutto tornerebbe nei ranghi, dopo un po’, con i soliti investitori più coraggiosi, che acquisterebbero quando tutti gli altri hanno venduto. A livello sistemico la Grecia, anche uscendo dall’eurozona, troverebbe nuovi sbocchi verso est, i mercati conoscerebbero un exploit di volatilità, e di direzionalità ribassista, per poi rientrare nei soliti range statistici.

Probabilmente, in questo momento, vi sono anche taluni che sono a conoscenza di accordi magari già siglati verso est, ed il resto è solo propaganda. Ma noi, al momento, non possiamo saperlo.

Non si può peraltro escludere che il mancato pagamento del debito contratto in euro venga sostituito, lo sottolineo ancora una volta, da pagamenti alternativi, basati ad esempio su cosa succederà in caso di adozione di un nuovo sistema monetario, e con prospettive forse ancora migliori per i creditori.

 

 

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