Se fallisce Banco Posta, chi paga?

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Interessante articolo dalla Reuters

MILANO (Reuters) – Gli italiani, preoccupati della stabilità della propria banca, hanno trovato un posto nuovo dove mettere i propri soldi: le Poste.

“Nessuno sa dove siano al sicuro i soldi oggi”, dice Leonardo Galli, contabile cinquantottenne che ha deciso di spostare tutti i propri risparmi da una delle principali banche italiane al conto BancoPosta, la divisione finanziaria di Poste Italiane

“Poste Italiane è controllata dallo Stato, questa è una garanzia”, aggiunge. Sul conto BancoPosta Galli si fa già accreditare lo stipendio e ha domiciliato le bollette, attirato anche dai bassi costi, dalla presenza capillare del gruppo sul territorio e dagli uffici aperti anche il sabato mattina.

Allarmati dalle notizie sul salvataggio di diverse banche, messe in difficoltà dal peso delle sofferenze nei loro bilanci, gli italiani hanno depositato circa 3 miliardi di euro in più sui conti BancoPosta nei primi sei mesi del 2016, portando i depositi della divisione di Poste a 48 miliardi a fine giugno.

Poste, partecipata al 65% dallo Stato e con una rete di 13.000 sportelli – un numero superiore alla somma di quelli dei cinque principali istituti di credito – ha visto un balzo del 6,5% dei depositi nel primo semestre. I depositi hanno continuato a salire nel terzo trimestre, secondo una fonte di Poste Italiane.

Non è chiaro quanti di questi flussi siano stati sottratti al settore bancario tradizionale, ma istituti in crisi come Monte dei Paschi di Siena e Banca Carige hanno visto i depositi scendere a tassi intorno al 6% nello stesso periodo.

Quello che molti correntisti forse non sanno è che BancoPosta non ha una licenza bancaria anche se raccoglie depositi e vende prestiti con il marchio BancoPosta. E, nel caso di una crisi finanziaria generalizzata anche al debito sovrano, potrebbe non essere una scelta priva di rischi.

Non essendo una banca propriamente detta, la divisione finanziaria di Poste non aderisce al fondo volontario di garanzia dei depositi, che garantisce i risparmiatori per importi fino a 100.000 euro sul conto corrente. Per proteggere i correntisti, BancoPosta ha un patrimonio segregato di 1 miliardo e un cuscinetto supplementare di 400 milioni presso il Tesoro.

Il decreto presidenziale che ne regolamenta l’attività prevede che BancoPosta investa in titoli di stato della zona euro tutti i depositi che raccoglie presso i risparmiatori. Oggi la divisione finanziaria del gruppo ha in portafoglio solo governativi italiani per un ammontare di circa 40 miliardi. Se si considerano anche gli ulteriori 80 miliardi detenuti dalla divisione assicurativa, complessivamente Poste Italiane ha oltre il 60% dei asset totali investiti in debito pubblico italiano.

Intesa Sanpaolo, la banca italiana con i livelli di patrimoniali più alti, investe 12,8% dei propri asset in debito italiano, inclusi i titoli di Stato della divisione assicurativa.

Secondo alcuni analisti, la massiccia esposizione di Poste Italiane allo Stato italiano potrebbe aumentare se andasse in porto l’offerta per Pioneer Investments. L’asset manager messo in vendita da UniCredit  ha in bilancio qualche decina di miliardi di debito sovrano, essendo uno dei maggiori gestori di fondi in Italia. Pioneer non comunica l’esatto ammontare di titoli di stato all’interno dei propri fondi.

“Poste non è una banca ma è esposta al rischio sovrano quindi … chi esattamente paga il conto nel caso tutto andasse storto?”, si domanda l’economista Francesco Galietti, AD di Policy Sonar.

Ma per i risparmiatori l’eventualità di una crisi della propria banca sembra molto più concreta rispetto al pericolo di una crisi che coinvolga il debito sovrano.

Il salvataggio di quattro piccole banche sotto la regia del governo lo scorso novembre ha provocato perdite per migliaia di risparmiatori italiani, offrendo un’anticipazione degli effetti che potrebbero venire dalla regola europea del “bail-in”, introdotta a gennaio.

BancoPosta non è soggetta a queste regole studiate per spostare parte dell’onere di un default bancario su azionisti, obbligazionisti e grandi depositanti.

“Poste Italiane ha beneficiato parecchio dell’introduzione delle regole del bail-in quest’anno e della crisi delle quattro piccole banche l’anno scorso in Italia”, ha detto Gian Luca Ferrari, analista di Mediobanca  Securities.

BancoPosta è l’unico fra i gruppi postali europei controllato dallo stato che raccoglie depositi e distribuisce prestiti senza possedere una licenza bancaria. La Posta francese ha una divisione finanziaria con una licenza bancaria che è soggetta alla regolamentazione della Banca centrale europea, mentre la tedesca Postbank fa parte oggi del gruppo Deutsche Bank.

di Francesca Landini e Maria Pia Quaglia

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