Eurozona: cerchiamo di capire come stanno realmente le cose! Intervista a Gian Piero Turletti

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Intervista a Gian Piero Turletti Analista di chiara fama internazionale Autore di Magic Box in 7 passi e Metodo RCM Edizioni Proiezionidiborsa

Intervista a Gian Piero Turletti

A COSA SI RIFERISCE, ACCENNANDO AL COME STANNO VERAMENTE LE COSE?

Finora, da quando è iniziata la crisi economica e finanziaria nei principali paesi occidentali, si sono avute diverse ricostruzioni dei fatti, soprattutto in Europa, per quanto riguarda l’atteggiamento della Germania.

Tradizionalmente molti hanno interpretato la posizione tedesca, in particolare quella della Merkel, come rigorista, favorevole a mantenere le ferree regole di bilancio imposte dai trattati europei, anche a prescindere dalle condizioni economiche dettate dalla crisi.

In altri termini, si dice: la Germania ha solo fobia che ritorni l’inflazione, se si inizia a stampare moneta, e non le importa nulla della recessione.

Sotto questo aspetto, peraltro non si comprendeva molto la logica di questa posizione tedesca, e si dice: ma possibile che la Merkel non comprenda che a questo punto esiste il rischio di affossare l’economia di molti paesi dell’eurozona?

Non capisce il governo tedesco che in tal modo, ovviamente, sega il ramo su cui la stessa eurozona è seduta?

Altri, soprattutto nell’ambito della stampa tedesca, ribattevano, osservando che no, la Merkel voleva solo proteggere la Germania, ed impedire che eventuali problemi di bilancio di paesi più deboli fossero risolti a danno delle finanze tedesche. L’obiettivo era quindi quello di essere rigorosi, perché solo con un rigore delle finanze le cose si sarebbero messe a posto.

ED AL RIGUARDO, QUAL’E’ STATA LA SUA OPINIONE?

Devo dire che in parte condividevo l’analisi sui limiti evidenti della posizione tedesca, ed inizialmente pensavo fosse dettata da una insufficiente analisi della situazione.

Poi, però, ho superato tale visione, arrivando, prima che ci arrivassero altri, che solo ora, a quanto vedo su internet, hanno cambiato idea, a pensare che quanto prospettato dalla Germania non fosse e non sia dettato da errori di valutazione.

In realtà, per precisare questa mia posizione, ho anche polemizzato con coloro che ritenevano la posizione tedesca semplicemente dettata da una volontà di difesa delle proprie finanze e, ovviamente, delle finanze dei propri cittadini.

In realtà, l’euro ha sempre avuto alla base una volontà bellica, di guerra, solo che oggi le guerre spesso non si combattono con le tradizionali armi, ma con strumenti finanziari.

A COSA SI RIFERISCE?

Già in miei storici report, pubblicati su proiezionidiborsa.com, avevo evidenziato come l’obiettivo primario di paesi come Francia e Germania, fosse quello di battere sui mercati internazionali la concorrenza di paesi come l’Italia, conquistando gran parte dei relativi mercati, ed abbattendo l’influenza dell’Italia su altri mercati.

In sostanza, ci sono riuscite, anche se ora lo scotto lo sta pagando la Francia, mentre la Germania ha visto volare le proprie finanze.

Ora l’errore consiste nel continuare a pensare che soprattutto alla Germania le cose stiano ancora bene così.

E COS’E’ CAMBIATO?

Per rispondere a questa domanda, occorre partire un po’ da lontano.

Qualcuno ricorda Kohl, il cancelliere tedesco quando la Merkel doveva ancora affermarsi politicamente?

Ebbene, aveva una chiara visione dell’eurozona con una sola moneta comune, e questo è il disegno che poi è stato realizzato.

All’epoca, però, nella CDU /CSU, in buona sostanza la democrazia cristiana tedesca, c’erano anche altre posizioni, allora rimaste in minoranza, in particolare proprio quelle dell’attuale ministro delle finanze tedesco e della Merkel.

Questa posizione riconduceva al cosiddetto euro a due velocità, uno elitario, per i paesi più virtuosi, ed uno dei paesi più deboli, diciamo uno del nord ed uno del sud.

Poi questa posizione all’epoca non trovò realizzazione politica, perché, appunto, prevalse la posizione del Kohl.

Ma credo che la Merkel ed il suo ministro delle finanze non abbiano mai cambiato idea.

Ora che i mercati di certi paesi sono in contrazione, certo viene in gran parte meno l’interesse di paesi come la Germania ad avere un mercato comune in questi, poiché è peraltro arrivato il momento di farsi carico a livello europeo di certi loro problemi strutturali.

Ma, ovviamente, come capita nelle guerre, una volta depredato lo sconfitto, lo si vuole abbandonare al suo destino, per cui quando un territorio conquistato dà più problemi, che altro….

Ed ecco che, quindi, la Germania non è più di tanto interessata a tenere paesi come l’Italia nell’eurozona.

Nel senso che ora tale opzione prospetticamente le pare presentare più problemi che vantaggi. Peraltro la posizione è del tutto coerente con la visione di un euro a due velocità.

MA ALLORA, PERCHE’ LA MERKEL NON ESCE ALLO SCOPERTO, E QUANTO E’ REALISTICA TALE VISIONE?

Per rispondere, devo dire, intanto, che sono concorde con chi ritiene che, ovviamente, la Merkel non intenda assumersi la responsabilità politica di una rottura degli attuali equilibri e, quindi, aspetta che la cosiddetta austerity renda la situazione insopportabile a certi paesi e che questi chiedano, autonomamente, di uscire.

Come si vede, una realtà ben diversa dalla visione di una Merkel che difende gli attuali equilibri con tutti i paesi attualmente parte dell’eurozona dentro.

E, quindi, è chiaro che a questo punto i partiti euroscettici divengono inconsapevolmente alleati della stessa Merkel.

Quanto al realismo di tale visione, questo riconduce ad almeno due aspetti principali.

Il primo: si può uscire dall’euro?

Il secondo: quali conseguenze per la stessa Germania?

ED A TALE RIGUARDO COSA PUO’ DIRCI?

A ben vedere, i trattati non impediscono l’uscita.

Le norme che riguardano espressamente tale ipotesi prevedono solo che, in tali casi, i governi dei relativi paesi intrattengano trattative con le istituzioni europee al fine di definire taluni aspetti.

Non sarebbe, quindi, un’uscita anarchica, ma regolamentata da ulteriori accordi, che poi, per diritto costituzionale interno italiano, dovrebbero ovviamente demandare a leggi interne, approvate dai parlamenti.

In assenza di tali approvazioni, certo, l’uscita non interverrebbe.

Questo però significa anche che il tempo per completare l’insieme di procedure necessarie sarebbe lungo, gli esperti dicono almeno un paio d’anni e, ovviamente, nel frattempo le cose potrebbero cambiare, in primis sotto il profilo politico.

Ad esempio, la Merkel, quanto meno nei sondaggi, potrebbe vedere ridimensionato il proprio consenso elettorale, e, quindi, questo potrebbe indurla ad una diversa strategia.

Quanto agli effetti in caso di uscita, certo, sui mercati si ingenererebbe una crisi di fiducia sui relativi asset finanziari.

La cosa che i mercati temono maggiormente è sicuramente l’incertezza, ed a questo punto tale fondamentale fattore, con ogni probabilità, impatterebbe negativamente non solo sui paesi che escono, ma anche su altri.

Un conto, infatti, è parlare ad esempio di uscita della Grecia, e ben altre conseguenze avrebbe quella dell’Italia.

In tal caso, occorrerebbe conoscere quali asset creditizi detengano i tedeschi in Italia, ad esempio, e se è pur vero che pare che nel tempo si stiano riducendo, sia in termini di investimenti su asset finanziari, che su aziende ed economia reale, sicuramente sarebbe un bagno di sangue per molti tedeschi.

Quindi, diciamo che, a fronte di numerose variabili, il cui impatto è difficile da valutare, resta un quadro di complessità che potrebbe coincidere con la fine politica della stessa Merkel.

In altri termini, quella che potrebbe configurarsi, per taluni, come mossa vincente per lei, potrebbe invece consistere nella fine politica della cancelliera.

Probabilmente, anche per questi motivi, la stessa non dice espressamente cosa pensi della questione, e si tutela inducendo gli altri a fuoriuscire autonomamente, tramite un aggravamento delle proprie finanze, determinato dalle conseguenze del rigorismo.

Diciamo che finge di non prendere posizione, quando in realtà è invece perfettamente consapevole della propria alternativa storica alla visione di Kohl.

ESISTONO ALTRI FATTORI DI INCERTEZZA, CHE POTREBBERO IMPATTARE SULLE FUTURE PROSPETTIVE EUROPEE?

Certamente, soprattutto la Francia.

L’appartenenza politica di Hollande alla sinistra socialista europea, certo non ne fa un interlocutore politicamente privilegiato per la Merkel, e semmai, almeno idealmente, ne ravvicina le posizioni più a quelle di un Renzi, che a quelle di un rigorista in salsa europea, anzi.

Anche questo non potrà che rendere più problematico ancora un piano di distacco dell’Italia, proprio perché vi sarebbe l’incognita francese.

Come reagirebbe la Francia, e, soprattutto, come reagirebbe un rinnovato asse franco-italiano in funzione, a questo punto, chiaramente antitedesca?

La Francia magari seguirebbe l’Italia in una eventuale fuoriuscita ed il piano dell’euro a due velocità fallirebbe miseramente.

MA SE SI VOLESSE REALMENTE BATTERE IL TERRENO DEI RIGORISTI EUROPEI, RENZI O ALTRI ANTIRIGORISTI AVREBBERO LE ARMI SPUNTATE, OPPURE POTREBBERO PUNTARE, DICIAMO….SU QUALCHE ASSO NELLA MANICA?

A mio modesto avviso, la soluzione è sotto i loro occhi, e non passa dall’uscita più o meno concordata e lungo un percorso di trattative pluriennali.

Partiamo da un dato di fatto: ora il principale problema per molti è quello del rispetto dei famosi parametri.

I paesi che non sono concordi (e sicuramente ora non lo sono due tra i principali paesi, senza i quali l’eurozona non avrebbe alcun senso, cioè appunto Francia e Italia) propongano o di cambiare i parametri, in funzione anticiclica, oppure di ritornare alla sovranità della politica monetaria.

In alternativa pongano sul tavolo la prospettiva di una fuoriuscita.

A quel punto, sarebbe molto interessante vedere la reazione tedesca che, certo, segretamente potrebbe anche puntare su una fuoriuscita dell’Italia, ma decisamente molto meno, o per niente, della Francia.

IN QUESTO COMPLESSO QUADRO DI FINANZA E POLITICA INTERNAZIONALE, QUALE RUOLO ASSUME DRAGHI?

Evidentemente, di rottura rispetto al rigorismo tedesco e filo tedesco.

Non è un caso che propugni una politica monetaria espansiva, che rappresenta il maggior cruccio del governo tedesco, come non è un caso che di questi tempi venga attaccato da giornali tedeschi filogovernativi.

Evidentemente, è uno dei tasselli da abbattere, per la Germania, nella prospettiva di una politica rigorista, al fine di indurre proprio l’Italia, e con lei i paesi considerati meno virtuosi, a fuoriuscire.

E’ evidente, infatti, che politiche monetarie espansive, pur con diversi limiti, sorreggerebbero meglio il peso dell’economia e dei debiti pubblici, nonché dei bilanci delle banche, allontanando la prospettiva di situazioni talmente difficili da sopportare, da rendere pressante l’ipotesi di fuoriuscita.

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