Debito pubblico: un problema che viene da lontano

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A cura di Gian Piero Turletti

Autore degli Ebooks Edizioni Proiezionidiborsa  Magic box e PLT

Da dove proviene il problema, che oggi affligge la maggior parte delle economie occidentali, quello del debito pubblico?

Si potrebbe pensare che siano stati i vincoli europei, a mettere in difficoltà i vari governi dell’europa occidentale.

Invece queste difficoltà vengono da lontano, almeno per quanto riguarda l’Italia.

Era l’anno 1981.

All’epoca era in carica il governo Spadolini, segretario del partito repubblicano italiano.

Sino allora era rimasto in voga una sorta di connubio tra ministero del tesoro e banca d’italia.

Nel senso che gli importi di titoli del debito non acquistati in asta dal mercato, venivano acquistati dalla banca d’Italia.

Invece, a seguito di una decisione dell’allora ministro Andreatta, da quell’anno intervenne quello che passò alla storia come divorzio.

In cosa consisteva questo divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia?

Proprio nel venir meno dell’obbligo, da parte della seconda, di acquistare titoli del tesoro non venduti in asta.

Praticamente il debito pubblico, da quel momento in poi, doveva reggersi sulle proprie gambe.

E, soprattutto, si doveva convincere il mercato ad acquistare.

Quella decisione, che vide concordi partito repubblicano ed esponenti democristiani che facevano capo a Prodi, fu decisa per cercare una stretta monetaria.

Praticamente la stessa problematica che, poi, continuerà con l’UE, soprattutto in ottica antinflattiva.

E come si vede, il problema era già sentito allora.

Ma quali effetti determinò quella misura?

Purtroppo, la necessità di ricorrere ad un indebitamento a tassi di mercato, decisamente più oneroso di quello che poteva essere applicato dalla nostra banca centrale.

Le conseguenze furono pesanti, tanto che in poco tempo si temette di andare in bancarotta, ed il ministro delle finanze dell’epoca, Formica, propose un concordato.

Praticamente, di non pagare una parte del nostro debito pubblico.

Ne derivò una grave crisi istituzionale, nota come lite delle comari, che vide la netta contrapposizione dei due ministri.

Di qui la caduta del secondo governo Spadolini, poi sostituito da un governo Fanfani.

Cosa ci insegna questa vicenda?

Che una delle garanzie di sostenibilità del debito pubblico è costituita dal connubio tra governo e banca centrale.

Quanto al problema del debito, intanto, proprio tassi più bassi di quelli di mercato, ne possono contenere la dilatazione.

Inoltre, non sarebbe vietato al governo di definire direttive politiche, per prevedere classamenti di titoli del debito in forma di finanziamento a fondo perduto.

In pratica, finanziamenti a fondo perduta da parte di una banca centrale a favore dello stato.

In base a determinati algoritmi, l’emissione di tale tipologia di titoli consentirebbe un rientro dal debito.

Il tutto, appunto, da diluire nel tempo, in modo da contenere quei timori inflazionistici, che tanto preoccupavano Andreatta.

Oggi, peraltro, il vero nemico da abbattere è semmai la deflazione, non certo l’inflazione.

Ma, come si sa, quel divorzio fu poi istituzionalizzato tra le regole auree dell’UE.

Cosa fare, allora?

Non dimentichiamoci che l’Italia si colloca ai primi posti al mondo, nella classifica dei paesi detentori di riserve auree e valutarie.

Che sia venuto il tempo di mettere da parte disquisizioni teoriche sulla proprietà delle medesime detenute dalla banca d’Italia, ed agire anche fiscalmente su questa forma di ricchezza?

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